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lavoro Approfondisci su Treccani »

Indice

  • diritto
    • 1 Disciplina costituzionale
    • 2 Rapporto e contratto di lavoro
    • 3 Organizzazione amministrativa
    • 4 Il l. subordinato
    • 5 Il l. autonomo
    • 6 Il l. in cooperativa
    • 7 L. accessorio, l. gratuito, l. familiare
    • 8 L. minorile
    • 9 L. dei religiosi
    • 10 L. carcerario
    • 11 L. in prova, l. a progetto, l. a tempo determinato
    • 12 L. a tempo parziale
    • 13 L. intermittente e l. ripartito
    • 14 L. domestico
    • 15 L. a domicilio
    • 16 L. in agricoltura
    • 17 L. aereo e nautico e l. portuale
    • 18 L. artistico
    • 19 L. sportivo
    • 20 L. socialmente utili
  • economia
    • 1 Economia politica
    • 2 Organizzazione del lavoro
      • 2.1 Divisione del lavoro
      • 2.2 Analisi della struttura organizzativa
      • 2.3 I meccanismi organizzativi
    • 3 Mercato del l. in Italia
  • fisica
    • 1 L. di una forza
    • 2 L. di un insieme di forze
    • 3 Differenti tipi di lavoro
  • medicina

lavoro In senso lato, qualsiasi esplicazione di energia volta a un fine determinato. In senso più ristretto, attività umana rivolta alla produzione di un bene, di una ricchezza, o comunque a ottenere un prodotto di utilità individuale o generale.

diritto

Il l. dell’uomo è preso in considerazione dall’ordinamento giuridico, ed è da questo regolato, in quanto idoneo a produrre un risultato economicamente utile, e quindi, a essere oggetto di un’obbligazione (art. 1174 e 1321 c.c.).

1. Disciplina costituzionale

Alla persona che presta il l. la Repubblica italiana riconosce e garantisce diritti inviolabili, anche e soprattutto nella dimensione lavorativa (art. 2 Cost.). Il l. è considerato valore fondativo della Repubblica (art. 1 Cost.), nonché status attraverso il quale si realizza la partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3, co. 2, Cost.). La carta costituzionale riconosce inoltre nel l. un «diritto», da un lato, e un «dovere», dall’altro; la Repubblica si impegna, infatti, a promuovere le condizioni di effettività del «diritto al l.», che riconosce a tutti i cittadini (art. 4, co. 1, Cost.), ma al contempo, cristallizza il l. come un «dovere», di scegliere e svolgere un’attività o una funzione, concorrendo così al progresso materiale e spirituale della società secondo le proprie possibilità (art. 4, co. 2, Cost.). La Costituzione contiene altresì un gruppo di norme, collocate nel titolo III, dei rapporti economici, concernenti la disciplina di interessi ed esigenze dei lavoratori ritenuti di particolare rilevanza. L’art. 35 attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare il l. in tutte le sue forme e applicazioni, di curare la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori, di promuovere gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. L’art. 36 stabilisce una norma di importanza fondamentale nella disciplina lavoristica in genere, fissando i principi di sufficienza e proporzionalità della retribuzione, e riconosce altresì al lavoratore il diritto irrinunciabile al riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite. L’art. 37 accorda alle lavoratrici gli stessi diritti dei lavoratori dell’altro sesso – sottolineando anche l’esigenza di far sì che possano attendere alle funzioni famigliari, di mogli e di madri – e rinvia alla legge la fissazione dell’età minima per il l. salariato, nonché il compito di tutelare «il l. dei minori con speciali norme e garantire ad essi, a parità di l., il diritto alla parità di retribuzione». L’art. 38 concerne gli istituti e i diritti all’assistenza e alla previdenza dei cittadini inabili al l. e sprovvisti di mezzi e in particolare dei lavoratori colpiti da eventi che fanno cessare la possibilità di svolgere attività retribuita. Di importanza particolare in materia lavoristica e ancor più sindacale, sono gli art. 39 e 40, che fissano i principi della libertà sindacale e del diritto allo sciopero. La disposizione sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende (art. 46) è di fatto sulla carta, non essendo state mai emanate le leggi che avrebbero dovuto stabilire «i modi» e «i limiti» di tale partecipazione, fatta eccezione per alcuni diritti sindacali in materia di informazione e consultazione (per es., per il trasferimento di azienda e per il licenziamento collettivo), riconosciuti però ai sindacati e non ai lavoratori come la norma costituzionale prescrive.

2. Rapporto e contratto di lavoro

Nella sua accezione empirica il l. indica ogni attività di impiego di energie fisiche e intellettuali dell’uomo per la produzione o lo scambio di beni e/o servizi. In tale nozione si individuano due profili, tra loro complementari: un aspetto economico, nel quale il l. designa qualsiasi attività psicofisica che comporti dispendio di energie e che sia idonea a soddisfare un bisogno individuale o collettivo mediante la produzione o lo scambio di beni o di servizi; un aspetto giuridico, nel quale il l. (inteso come attività lavorativa) si iscrive all’interno di un rapporto giuridico tra due soggetti, il lavoratore che presta la propria attività lavorativa e il soggetto (datore di l., committente, appaltante ecc.) che si avvantaggia di tale prestazione per la soddisfazione dei propri interessi. Ciò vale per tutte le forme di l., e in particolare per il l. subordinato e per il l. autonomo, in quanto pur nelle diverse configurazioni che il rapporto assume, si è sempre in presenza di una relazione giuridicamente qualificata (come rapporto di l. ) e quindi tutelata.

Il codice civile, pur dettando una disciplina sistematica del rapporto di l. negli art. 2096 e seg., non dà indicazione circa l’origine del rapporto e in particolare sulla sua natura, contrattuale o meno. In questo ambiente normativo ha trovato spazio la concezione, di origine tedesca, secondo cui la fonte del rapporto di l. non sarebbe il contratto, bensì l’inserzione di fatto del prestatore nell’impresa, quale comunione di scopo tra datore di l. e lavoratore (cosiddetta teoria istituzionale comunitaria), con superamento della causa di scambio e invocazione, tutt’al più, di un contratto associativo. È tuttavia prevalsa la tesi dell’origine contrattuale del rapporto di l., ritenendosi il contratto imprescindibilmente garanzia di libertà, pienamente compatibile con le limitazioni derivanti dalla disciplina inderogabile e con la regolamentazione della prestazione di fatto, che anzi presuppone espressamente l’esistenza di un contratto sia pure invalido (Corte di cassazione, Sezioni Unite, sent. 4570/17 maggio 1996). La riconduzione del rapporto di l. alla fonte contrattuale permette di inquadrare molti problemi, altrimenti di ardua soluzione, nella disciplina generale del negozio sancita dal codice civile, come avviene, per es., per la formazione dell’accordo (art. 1326 e seg.), per l’interpretazione (art. 1362 e seg.), per la rappresentanza (art. 1387 e seg.), per la simulazione (art. 1414 e seg.), e per l’invalidità (art. 1418 e seg.).

La più moderna dottrina definisce il contratto di l. come un contratto oneroso di scambio a prestazioni corrispettive, nel quale la causa è costituita proprio dallo scambio tra l. e retribuzione secondo un vincolo di reciprocità (do ut facias). Il l. e la retribuzione costituiscono l’oggetto del contratto che deve essere, a pena di nullità del contratto (art. 1418, co. 2, c.c.), possibile, lecito, determinato o determinabile (art. 1346 c.c.). Il contratto si perfeziona con l’accordo delle parti (art. 1325, n. 1, c.c.), che si realizza quando l’accettazione giunge a conoscenza del proponente (art. 1326, co. 1, c.c.). Di solito è il lavoratore ad accettare la proposta del datore di l., normalmente assai scarna, poiché la disciplina del rapporto è quasi integralmente posta dalla legge e dai contratti collettivi. La violazione dell’obbligo di condotta secondo buona fede nelle trattative determina una responsabilità risarcitoria cosiddetta precontrattuale (art. 1337 c.c.) (➔ responsabilità). Il datore di l., già tenuto a far conoscere al lavoratore, al momento dell’assunzione, la categoria e la qualifica assegnategli (art. 96, disposizioni preliminari al codice civile), ha ora anche l’obbligo presidiato da sanzione amministrativa pecuniaria di comunicare per iscritto al lavoratore, entro 30 giorni dall’assunzione, una serie di informazioni relative al rapporto e alla sua disciplina (➔ mansione), in parte anche mediante rinvio al contratto collettivo eventualmente applicato. Tuttavia, la forma del contratto di l. rimane libera proprio perché tale comunicazione scritta costituisce un adempimento successivo e distinto dall’assunzione. Libertà di forma significa che il contratto può essere concluso e modificato anche oralmente o per fatti concludenti. La forma scritta prevista per legge solo per alcuni contratti, clausole o atti, di solito a tutela della posizione del lavoratore, ossia: per l’apposizione del termine al contratto di l., per il contratto di formazione e l., per il contratto di somministrazione, per il patto di prova, per il l. a tempo parziale, per la trasformazione da part-time a full-time, per il patto di non concorrenza. La forma scritta è necessaria altresì se il contratto di l. vuole (dai contraenti) essere certificato ( certificazione).

3. Organizzazione amministrativa

Nell’ordinamento italiano, l’organizzazione amministrativa del l. risiede principalmente nel dicastero ministeriale che – istituito il 15 giugno 1920, insieme al quinto governo Giolitti, e variamente riformato nel corso del Novecento – dal 2008 (l. 244/2007, art. 1, co. 376) ha assunto la denominazione di Ministero del L., della salute e delle politiche sociali. Particolarmente rilevante, con riferimento all’organizzazione amministrativa del l., è il processo di decentramento realizzatosi tra la fine del 20° e l’inizio del 21° secolo. A livello nazionale, l’atto normativo di riferimento è rappresentato dal d. legisl. 469/1997, che ha conferito alle regioni le funzioni e i compiti in materia di collocamento, di servizi per l’impiego e di politiche attive del l., alle province funzioni e compiti in materia di integrazione tra i servizi per l’impiego. Il suddetto decreto ha infatti valorizzato l’idea di un sistema, decentrato a livello territoriale, volto a perseguire l’integrazione tra i servizi per l’impiego, le politiche attive del l. e le politiche formative, configurato in modo da rendere possibili sinergie tra i diversi soggetti, pubblici e privati, anche in funzione dell’ingresso dei privati nei servizi per l’impiego.

4. Il l. subordinato

L’art. 2094 c.c. definisce il lavoratore subordinato come colui che «si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio l. intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore». L’art. 2104, co. 2, c.c. conferma, con ulteriore forza, che il lavoratore subordinato deve «osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del l. impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende». Da queste disposizione emerge in maniera evidente la caratteristica essenziale del l. subordinato, ossia l’eterodeterminazione dell’attività, intendendosi per tale l’assoggettamento del lavoratore al potere del datore di l. di impartire continue e dettagliate istruzioni per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Va sottolineato come tale assoggettamento sia tollerato dal nostro ordinamento solo in quanto limitato alla prestazione dedotta in contratto, il che vuol dire che si tratta di una dipendenza tecnico-funzionale all’organizzazione dell’impresa a capo della quale c’è l’imprenditore dal quale i collaboratori «dipendono gerarchicamente» (art. 2086 c.c.). Ciò non toglie il fatto che la persona del lavoratore resta comunque fortemente implicata nel rapporto, con tutti i pericoli che ne conseguono, e che aumentano in maniera direttamente proporzionale all’aumentare della disoccupazione. Sulla base di questi presupposti è stato creato l’apparato protettivo del diritto del l. che nella figura del lavoratore subordinato riconosce una debolezza micro-individuale (nel rapporto di l.) e macro-individuale (sul mercato del l.). È quindi evidente come la qualificazione di un rapporto di l. come subordinato sia la ‘chiave esclusiva’ di accesso alle tutele poste dall’ordinamento sia nei confronti del datore di l., sia sul piano previdenziale. Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che questa (forse drammatizzata) qualificazione vada ricercata utilizzando il cosiddetto metodo sillogistico, secondo il quale si opera una sussunzione per identità degli elementi della fattispecie concreta agli elementi della fattispecie astratta. In tale sussunzione l’elemento che va ritenuto decisivo, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato, è senz’altro quello dell’eterodeterminazione della prestazione lavorativa come sopra intesa.

In via sussidiaria, dottrina e giurisprudenza hanno elaborato degli indici ulteriori: l’inserimento del lavoratore nel

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