The Score: il manifesto
La critica videoludica è ferma.
E non si parla di notizie, ma di filosofia.
È ferma al punto che appare sempre più raro leggere un’analisi personale, senza liste e tecnicismi; ferma, e ben conscia di esserlo, poggiata sulle colonne ormai ingrigite di una fama decennale ed esausta, ostentata di tanto in tanto da avvisi e convinzioni di potere.
Quasi per sottolineare una posizione inesistente (ma conveniente), ci si diverte a tessere le lodi del Videogioco in quanto forma d’arte, cadendo in contraddizione e descrivendone minutamente le texture, i poligoni, gli effetti visivi; perché si sa, è così che funziona, ed è così che deve piacere. Meglio convincersene, carezzati dall’onda del successo programmato.
Sarebbe come se raccontando il Viandante sul mare di nebbia si riempissero pagine di dati per descrivere gli effetti dell’olio su tela, e s’ignorasse ciò che il dipinto vuole dire, raccontare, ciò di cui vuole convincere e parlare, la dicotomia tra il controllare e l’essere controllato, o del tutto superficiale. Come se lo si ignorasse, o gli si concedesse qualche parola al massimo.
Noi non vogliamo questo.
Noi raccontiamo il Videogioco in un’analisi essenziale, precisa, coerente.
Ne raccontiamo le emozioni, i momenti, gli sguardi e i sensi.
E lo facciamo davvero, senza smerciarlo come slogan pubblicitario.
Perché noi non ne abbiamo bisogno, di slogan pubblicitari.
Noi non abbiamo schemi, tabelle o progressioni prestabilite.
Noi ci affidiamo a un momento che può riassumere tutto.
Noi siamo la critica nuova.
Siamo i vostri occhi poggiati sull’opera.
Siamo il sorriso, il sussulto e la sorpresa di fronte al giudizio.
Siamo quello che nessuno è o sarà mai in grado di essere.
Noi non siamo la stampa piena di manuali di istruzioni confezionati perché sembrino originali, limpidi, coerenti, positivi. Di quella non ha più bisogno nessuno.
Giovanni Biasi