l’Inuit e la musica

La musica è una parte importante della vita dell’Inuit. La sceglie, la chiede, la canta, tiene il tempo con le manine o con le bacchette cinesi. Play di Moby è in assoluto il suo disco preferito. Era anche uno dei nostri (preferiti) prima di averlo sentito otto-dieci volte al giorno negli ultimi sei mesi.

Ieri sera però a cena a casa di amici c’è stata una scoperta nuova. La musica non usciva da una scatolina bianca attaccata a un cavo come a casa nostra. C’erano degli strani contenitori di cartone con dentro dei buffi oggetti neri di forma circolare. Prendendo delicatamente uno di questi cerchi neri e poggiandoli su uno strumento piatto, dopo averci appoggiato un delicato braccetto, da questi oggetti neri usciva la musica.

Archeologia della conoscenza musicale. L’Inuit ha scoperto il vinile e  ha passato la serata a scegliere dischi e metterli sul piatto. Qualche volta scretchava qualche volta no. Funky, dub, rock, reggae. E’ passato di tutto su quel giradischi ieri sera. Soprattutto la grande scoperta. Che la musica  è materiale, è cartone rovinato, è vinile segnato ed è anche foto di copertina, immagine che resta per sempre nei nostri ricordi. Come quella di Abbey Road dei Beatles o Meat is murder degli Smiths, o di London Calling dei Clash. Che la musica è oggetto da tenere sul tavolino accanto al divano, che la musica si gusta come una pietanza che ti sei preparato e hai messo sul piatto. Prima di sederti e lasciarti andare alla magia.

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A breve si prevede di trasferire tutta la collezione di vinile del Santuomo nel nostro soggiorno. E di trovare il posto tra gli hard disk e gli Ipod per il vecchio piatto del nonno.

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MaterEtLabora il febbraio 15th 2012 in musica, piccolo Inuit, scoperte

le prime volte

Ci sono le prime volte. Alcune le perderemo, altre no. Ad alcune assisteremo per caso ad altre ci saremo preparate per tempo. Alcune ci lasceranno ditrutte altre felici e piene. Alcune faranno la gioia dei nostri figli altre saranno per loro una tristezza. Di alcune si renderanno conto altre gliele faremo gustare noi. Le prime volte però sono una sola volta nella vita. Quella magia quella sorpresa quell’affanno quello struggimento saranno insuperabili. E saranno nei loro ricordi forse come un’esperienza speciale.

Per questo oggi a tutti i costi volevo essere fuori dal suo asilo.

La prima volta che vedeva la neve io ci volevo essere. Ci siamo fermati tutti e tre con la testa in aria a contemplare via dei Coronari innevata e bianca.

It’s snowing my love. It’s really really snowing avrebbe detto Lola.

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MaterEtLabora il febbraio 3rd 2012 in bambini, riflessioni, vita quotidiana

io lui e la legge Salvapreviti

Io lui e la legge Salvapreviti

Quando questa cosa della Salvapreviti uscì io ero piuttosto incazzata, cioè mi dava proprio sui nervi sta cosa dei reati prescritti perché era passata in parlamento una legge con attaccato un emendamento che diceva che tutti i reati dopo tot tempo erano prescritti, appunto la cosiddetta legge Cirielli. Ricordo che quando ne parlavamo tra di noi, amici, colleghi, e dicevamo la Cirielli di qua la Cirielli di là, che roba di qua, che schifo di là. Che sto Cirielli ce l’avevamo sulla bocca ogni momento come fosse il diavolo.

I casi della vita.

Oggi mi ritrovo che io e Cirielli ci messaggiamo allegramente.  Cioè siccome l’ho intervistato per una puntata e deve venire in trasmissione questa settimana è normale che comunichiamo. Per carità come con mille altri politici, direttori, presidenti, onorevoli. Ma lui no. Lui comunica solo tramite sms. “Silvia mi scriva e io la richiamo”. O my God. Io e Cirelli e i text message.

Onorevole sono silvia mi richiama? Non dico con la velocità di  un marito (il mio così così?) ma certamente con tempi molto più rapidi del mio dentista o del mio avvocato quando gli lascio un messaggio. Mezzora e Cirelli è lì. Silvia buongiorno sono Cirielli. Silvia mi ha cercato sono Cirielli. Silvia tutto bene sono Cirielli. Oggi siccome non lo sentivo da prima del week end e volevo assicurarmi che lui si ricordasse tutto ma non volevo sembrare petulante gli ho mandato l’ennesimo messaggino. Onorevole sono silvia mi richiama quando può? Tempo due minuti e Cirielli mi chiamava. Silvia buongiorno ho memorizzato il suo numero.

Aiuto. Aiuto. Chi l’avrebbe mai detto.

Roba che tutto nella vita avrei pensato, piuttosto di lottare con un coccodrillo in un fiume, di correre la maratona di New York tutta di fila, o di allevarmi un’iguana in casa. Tutto tranne che messaggiarmi con il Cirielli.

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MaterEtLabora il febbraio 1st 2012 in redazione, vita quotidiana

hangover

Diciamo che l’epifania che tutte le feste si porta via da noi è arrivata ieri. Più che un’epifania un ciclone che ancora mi devo riprendere.

E’ partito come un semplice compleanno in un localino qua vicino, è finito che abbiamo ballato fino alle due del mattino come a memoria non mi viene in mente. C’erano gli amici di una vita, quelli che c’erano anche al tuo matrimonio e quelli che invece non vedi da anni, quelli che non sai più nemmeno se siano sposati o no, e quelli che gli vuoi bene comunque. Quelli che in mezzo sono passati matrimoni, due tre figli a testa, separazioni, rifidanzamenti, cambi di casa, città, paese e quando li rivedi ti sembra sia passato un giorno. Che quel giorno esattamente venti anni fa ti ho presentato la ragazza con cui poi sei stato anni. Ti ricordi?

E’ partito che ho ordinato un mojito e ho finito per bere da qualunque bicchiere mi capitava.

E’ partito che ero vestita e un pezzo alla volta sono finita senza calze e senza scarpe più bassa di dieci centimetri a ballare a piedi nudi (il vestito l’ho tenuto).

E’ partito che si ballava timidi ed è finito a pogare a spallate.

Niente del genere nella mia memoria recente che possa ricordarmi com’era.

Quando siamo usciti il Santuomo ha sentenziato la grande verità, che per la prima volta da che l’esserino dagli occhi a punta è con noi, io avevo passato una serata intera senza mai chiedere di lui, né guardare il telefono, nè pensare di chiamare la baby sitter (peraltro a cento metri da noi) né chiedere starà già dormendo? Che per la prima volta la mia testa si era staccata dal corpo e il corpo faceva un po’ quel cazzo che voleva.

E per trofeizzare la sua vittoria assoluta questa mattina, mentre ancora preda dell’hangover, a mezzogiorno meno un quarto strisciavo con loro per Trastevere, verso una colazione, il Santuomo ha raccontato all’Inuit saltellante che proprio lì dietro quella porta solo poche ore prima sua madre decisamente ubriaca e assolutamente folle aveva ballato senza sosta per più di due ore raccattando sotto i piedi tutte le cicche di sigaretta della serata.

Non so cosa mio figlio abbia pensato di me in quel momento. spacer E nemmeno il tizio di La7 con cui avevo avuto un colloquio poche settimane fa che a un certo punto mi è passato davanti e mi riconosciuta paro paro mentre sembravo preda di un esorcismo durante un pezzo dei Madness. Non so per quale ragione ma la sua attenzione si è fissata sui miei piedi.

A pensarci bene potevo almeno togliermi i resti dello smalto.

Sarà uno dei propositi per il nuovo anno: se pensi di uscire, scatenarti, ballare, sbronzarti come una ragazzina, pogare, toglierti i collant e poi le scarpe, ricordati il pedicure.

Potrebbe fare la differenza.

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MaterEtLabora il gennaio 9th 2012 in santuomo, vita quotidiana

magia della fine dell’anno

Tornare a Roma e scendere alla stazione tra le braccia del mio uomo Santuomo che ci aveva lasciato in anticipo per qualche set, andare a casa a riposarci, poi svegliarci che è già buio e uscire per fare la spesa, per una passeggiata per Trastevere e passare davanti al nostro baretto e scoprire che sta per iniziare un concerto e fermarci per una birra che tanto niente asilo e niente lavoro e si può fare un po’ più tardi, e incontrare amici senza esserci dati appuntamento, come nel pub di Leeds (quando ci andavo a bere la sera dopo la biblioteca dove si studiava) e uscire dopo la terza birra e fermarsi in piazza Santa Maria e sentire una voce pazzesca che arriva da non sai dove e poi la vedi e viene da una ragazzina poco più che ventenne che in anfibi e jeans stretti sola con una chitarra sta cantando zombie e tu ti chiedi se sia vero che lei sia lì con quella voce e quel vento che si sta alzando e quella folata improvvisa che stacca una delle lanterne cinesi di Cilin il cinese all’angolo e la alza in volo come un fuoco che avvisa l’evento e mentre ti perdi nel sorriso di questa ragazzina dalla voce incredibile scoppia il temporale e ci acchiappa tutti e tre lì fermi che ridiamo e cantiamo e mentre corriamo verso casa mi sento come mr happy del libro dell’Inuit e mi sento come si devono sentire i turisti che vengono a Roma per la prima volta e come vorrei sentirmi ogni giorno del prossimo anno e della mia vita, spettatrice di magia.

Buona fine d’anno a tutti.

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MaterEtLabora il dicembre 31st 2011 in santuomo, vita quotidiana

milano vincenzo e il natale

Milano va affrontata così a petto pieno, e spalle larghe.

Perché quest’anno al contrario delle altre volte, il santuomo, mi ha impedito di raggomitolarmi in casa, scusa il freddo, e far passare senza vedere luce i giorni natalizi e post.

Il primo giorno ha trascinato mezza famiglia compresi nipoti, suocera e cugini, negli ultimi acquisti prenatalizi. Lui dirigeva bambini e traffico instancabile.

Oggi ha preparato una gita a tutti gli effetti io, lui e piccolo Inuit, negozi, focaccia bianca, regali, con tanto di mostra di Robert Mapplethorpe allo Spazio Forma, che il bello di essere sposata a un fotografo è che ogni occasione è buona per appiccicarci una mostra.

E di questo non posso far altro che ringraziarlo. Che ho allattato l’Inuit davanti al World Press Photo e l’ho rincorso appena iniziato a camminare tra i lavori di Sophie Call.

E’ stato bello entrare a sbirciare la New York della fine degli anni sessanta quando Patty Smith e Robert poco più che ventenni s’incontravano a parlare di musica, fotografia e chissà cos’altro.

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Solo una sbirciatina però. Mica pensieri di fuga per una volta.

Che stasera parte la movida di cibi e bambini. E il Natale è ancora più bello da quando c’è il piccolo Inuit  e soprattutto da quando ha vagamente capito che un tizio chiamato Santa Claus ogni tanto appare e lascia qualche dono.

Gli auguri in corsa, appena mi riconnetto vi racconto le belle.

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MaterEtLabora il dicembre 24th 2011 in Fratelli d'Italia, milano, piccolo Inuit, santuomo

concita de gregorio

Oggi ho conosciuto Concita De Gregorio. Chi un po’ legge questo blog sa quanto la stimi. Lo so che non a tutti è simpatica e che molti sostengono  che sia sopravalutata, ma per me è veramente una delle poche  giornaliste che dicono quando scrivono, pensano quando parlano.

E così, è questione di amori. Io c’ho sto amore qua.

Dunque potete immaginare stamattina. Era ospite in una puntata della trasmissione che scrivo.  Ed era una delle puntate che avevo curato, scritto, preparato.

In realtà credevo che sarebbe stata un po’ assediata e che a stento sarei riuscita a salutarla.

E invece.

Vado da lei mentre sta al trucco e ci attacchiamo una chiacchiera ma una chiacchiera. Lei conosceva il mio lavoro, ne aveva parlato molte volte, una volta anche in un pezzo dedicato solo a Unovirgoladue. Io lo sapevo. Quando gliel’ho detto ci siamo riconosciute. Ci siamo date un volto.

Abbiamo parlato di tutto. Di televisione (brevemente) di politica (due secondi) e poi abbiamo parlato di figli, soprattutto di figli, amorevolmente di figli. Era bellissimo. Me ne sono stata lì con Concita De Gregorio a farmi raccontare dei suoi quattro, del lavoro, delle sue improvvisazioni, dei sughi pronti, dell’adolescenza, del devi fare il secondo subito Silvia, e raccontare dei miei sensi di colpa, del lavoro precario, del pensiero di un secondo figlio che in queste condizioni potrebbe effettivamente essere un suicidio, del passeggino davanti alla porta che chi diceva è la cosa peggiore per una scrittrice?

A fine trasmissione ci siamo salutate, poi ho preso il coraggio e le ho detto quando finirò il mio prossimo libro mi piacerebbe che fossi tu a prefarlo. Lei ha detto con grande piacere, poi le ho porto il suo per una dedica.

L’ho salutata. Lei è partita con l’autista. Ho messo il libro in borsa.

Come per una lettera d’amore ho aspettato di essere a casa nel mio studio per aprire la prima pagina  e leggere “Da mamma a mamma in attesa del tuo lavoro che sarà bellissimo”.

Chi lo sa ho pensato se sarà bellissimo. Chi lo sa. Il suo lo è. E incontrare un maestro e restarne incantati non è cosa di ogni giorno.

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MaterEtLabora il dicembre 14th 2011 in donne, redazione

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