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Asso Bio Plastiche \ Q & A
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Domande e Risposte

1. Cosa è la biodegradabilità?

La biodegradabilità è la potenzialità delle sostanze e dei materiali di essere trasformati, attraverso l’attività dei microrganismi presenti nell’ambiente, in humus, acqua e l’anidride carbonica.

2. Che cos’è la compostabilità?

La compostabilità è la potenzialità di un materiale organico di trasformarsi in compost mediante il processo di compostaggio. Tale processo sfrutta la biodegradabilità dei materiali organici di partenza per trasformarli in un prodotto finale che prende il nome di compost. Il compost è dunque il frutto della disintegrazione e biodegradazione di materiale organico, come ad esempio la frazione umida dei rifiuti domestici.

3. Che cosa è il compostaggio?

Il compostaggio è un processo accelerato di trattamento biologico dei rifiuti organici (rifiuti di cucina, avanzi di cibo, sfalci erbosi, ramaglie, ecc.) che avviene negli impianti di compostaggio, dove i processi naturali di biodegradazione sono ottimizzati con il raggiungimento di alte temperature, corretta ventilazione e dosaggio dell’umidità.
I rifiuti organici, opportunamente miscelati con sfalci erbosi e ramaglie, biodegradano in presenza di aria e le sostanze organiche, producendo anidride carbonica, si trasformano in acqua, compost e calore.
Il compost maturo è impiegato come ammendante in agricoltura e contribuisce al mantenimento della fertilità dei suoli.

4. Cosa significa essere biodegradabile in compostaggio?

I termini biodegradabile/biodegradabilità non definiscono né il tempo, né il luogo, né la percentuale di biodegradazione di un materiale. La parola compostabile, quando viene riferita ad un manufatto (imballaggio od un prodotto quale ad esempio un film plastico), significa che questo può essere recuperato mediante riciclaggio organico (che comprende il compostaggio industriale e la digestione anaerobica; vedi www.compostabile.com ) Lo standard europeo che definisce il riciclaggio organico degli imballaggi è l’UNI EN 13432. Lo standard UNI EN 14995 definisce invece i prodotti in plastica compostabili, non usati come imballaggi. Questi standard definiscono luoghi, tempi e percentuale minime di biodegradazione.

Per entrambi gli standard un prodotto è definito compostabile quando soddisfa quattro criteri:
a) deve essere biodegradabile (> 90% rispetto alla cellulosa) in un processo di compostaggio (180 giorni);
b) deve disintegrarsi in un ciclo di trattamento (90 giorni);
c) non deve avere effetti tossici sul compost prodotto;
d) non deve alterare il processo di compostaggio.

5. Come riconosco un manufatto compostabile?

Per riconoscere un manufatto compostabile esistono degli specifici loghi, rilasciati da organismi indipendenti, in base a parametri previsti dalle normative europea EN 13432 ed EN 14995. Questi loghi devono essere stampati sul prodotto finito: in Italia è particolarmente diffuso il marchio rilasciato dal Consorzio Italiano Compostatori (www.compostabile.com)

6. E’ possibile definire un manufatto solamente come biodegradabile?

No, il termine biodegradabile è generico e non definisce né il livello di biodegradazione, né le condizioni ambientali utilizzate, né il tempo intercorso.

7. Cosa succede ad una bioplastica se viene rilasciata nell’ambiente?

Le bioplastiche così come qualsiasi altro tipo di prodotto o manufatto non devono essere abbandonate nell’ambiente e i comportamenti contrari al decoro urbano e alla preservazione dell’ambiente devono essere sanzionati. Qualora ciò accada, la caratteristica di biodegradabilità può essere un fattore che contribuisce a limitare danni, grazie all’intrinseca biodegrabilità del materiale stesso. Questa degradazione sarà vincolata alle specifiche condizioni ambientali locali (temperatura, umidità, attività microbica).

8. L’impiego di risorse agricole per la produzione di bioplastiche può
interferire con il ciclo alimentare umano e animale?

L’amido è comunemente utilizzato per scopi industriali, per esempio nel settore cartario, nell’edilizia, nel settore farmaceutico e nell’industria delle colle ed adesivi. Dati pubblicati dall’AGPM (associazione francese produttori di mais) indicano in oltre 3 milioni di tonnellate (pari a circa 600 mila ettari equivalenti di mais) i consumi annuali di mais.
Anche nel caso limite – inverosimile- di massima sostituzione possibile delle plastiche tradizionali con le bioplastiche producibili con le tecnologie attuali, queste ultime implicherebbero un consumo di materie prime agricole molto marginale rispetto ai consumi alimentari. Facendo un calcolo “teorico”, anche ipotizzando una sostituzione integrale di consumo di plastiche flessibili, a livello europeo (circa 1.5 milioni di tonnellate annue) sarebbe necessaria una quantità di amido pari a meno del 1% delle attuali coltivazioni europee destinate alla produzione di mais. Inoltre, molte delle colture impiegate per la produzione di bioplastiche possono essere ottenute da terreni marginali e con ridotto/nessun apporto di acqua irrigua.