Lander Askatu!

Posted on - 28 settembre 2012 at 15:49

spacer La mattina del 13 giugno 2012, nel cuore di Roma, un’imponente operazione di polizia che vede coinvolti quindici agenti armati e con il volto coperto porta all’arresto di Lander Fernandez, cittadino basco che vive apertamente in Italia da più di un anno. L’arresto segue un ordine di cattura internazionale partito dalla magistratura spagnola, che accusa Lander di essere un membro di ETA. Dopo 48 ore che Lander passa in regime di isolamento a Regina Coeli, la corte italiana chiamata a giudicare sul caso gli accorda gli arresti domiciliari. A questo punto è chiaro che il reato per cui Lander è stato arrestato da quindici poliziotti in tenuta antisommossa alle otto del mattino, dopo un solo giorno dall’ordine di cattura internazionale, è il danneggiamento di un pullman vuoto nel 2002. In Spagna, infatti, ad un cittadino basco basta molto poco per essere accusato di terrorismo: una legislazione speciale accomuna i reati di violenza e danneggiamento al reato di terrorismo, seguendo il teorema giudiziario “Tutto è ETA”, con il quale dagli anni novanta la magistratura spagnola ha incarcerato, torturato e ucciso decine di baschi, e messo sistematicamente fuorilegge le loro organizzazioni politiche e culturali.
Lander non è il solo cittadino basco in Europa che negli ultimi mesi ha subito la repressione a distanza dello stato spagnolo: in Inghilterra, negli ultimi mesi, due baschi sono stati arrestati per reati commessi a distanza di decenni o non commessi affatto, come nel caso di Antton Troitino, rilasciato dopo 24 anni passati in prigione (la legge spagnola, al momento della sua condanna, prevedeva una detenzione massima di 30 anni) e a cui la magistratura vuole, in spregio a qualsiasi norma basilare del diritto, applicare retroattivamente la nuova norma che allunga il possibile periodo detentivo. Eneko Arronategui è stato invece arrestato a Cambridge nel luglio 2011, con l’accusa di aver preso parte al progetto di un attentato al re nel 1997, mai realizzato (!!). Le sue condizioni carcerarie sono terribili; gli è concesso ricevere visita da un solo familiare per volta, in presenza di un agente che trascrive tutto quello che viene detto. I familiari di Eneko non parlano l’inglese, e più richieste di ottenere un traduttore sono state ignorate. Le visite perciò si svolgono in silenzio, dietro il vetro di un carcere di massima sicurezza. Ancor più paradossale, poi, è il caso di Arturo Villanueva, arrestato a Belfast, dove viveva da cinque anni, perché individuato come l’ipotetico autore di una lettera recitata in una manifestazione in Spagna in cui si esaltava il terrorismo.
Queste azioni vanno a inserirsi in un contesto più ampio, in cui il governo spagnolo, tanto quello di Zapatero (salutato per anni da una certa sinistra come un vero progressista, portatore del cambiamento dolce tanto auspicato dai rivoluzionari colorati) che quello di Rajoy si mostra incapace di rispondere alla trasformazione della lotta indipendentista che ha preso vita in Euskadi da un anno a questa parte. Il cessate il fuoco permanente dichiarato dall’ETA e la schiacciante vittoria della coalizione Amaiur alle elezioni amministrative e politiche della scorsa primavera hanno trovato soltanto una repressione sorda, l’unica risposta che tutti i governi spagnoli, sia prima che dopo la fine della dittatura, sono stati in grado di dare ai cittadini baschi.
E in questo senso il controverso processo di pace ha portato inevitabilmente la repressione ad accanirsi ancor di più verso quei settori della sinistra abertzale che non l’hanno condiviso, rendendo la pressione indipendentista, in questo momento di crisi, il capro espiatorio ideale di uno stato che ha pochissimo controllo sulla propria politica interna.
Domani, 29 settembre, a Roma, si svolge il presidio contro l’estradizione di Lander Fernandez. Ha senso esserci non solo per lui, ma anche per tutti i prigionieri politici baschi ostaggio di governi stranieri scattati sull’attenti al primo richiamo dello stato spagnolo, pronti a estradarli dove la tortura è la normalità e la sparizione una pratica diffusa. Ha senso esserci anche per ribadire che la solidarietà è un’arma e va usata, senza lasciarsi accecare dalla strategia repressiva che vorrebbe i compagni divisi in buoni e cattivi: un compagno isolato per la gravità delle accuse che gli vengono mosse non solo distrugge le sue possibilità di tornare libero, indebolisce anche le lotte e i movimenti. Uniti si vince!
Lander libero, Tutti liberi!

Posted in: Italia

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