16 novembre 2012 —
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sezione: Voghera
di Maria Fiore wPAVIA L’incubo di dover restituire allo Stato i soldi percepiti in dieci anni dalla Regione, circa 200 milioni di euro, è sul punto di diventare realtà. Tanto che la procura di Milano, che ha già contestato alla Fondazione Maugeri la legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, starebbe già facendo il punto dei beni, di proprietà della Fondazione, che possono essere confiscati. Questo perché la Maugeri, che pure potrebbe costituirsi parte civile nell’eventuale processo a carico degli ex vertici della Fondazione, avrebbe comunque usufruito dei benefici dell’uomo d’affari Pierangelo Daccò, pur non avendo avuto un ruolo attivo nella presunta distrazione dei 70 milioni che viene contestata dai magistrati milanesi all’ex presidente della Fondazione, Umberto Maugeri, all’ex direttore amministrativo Costantino Passerino e ai consulenti Claudio Massimo e Gianfranco Mozzali. L’ipotesi su cui si muove la procura è che il colosso della sanità pavese sarebbe stato favorito nell’erogazione dei fondi pubblici da 15 delibere “pilotate” da politici attraverso l’intermediazione di Daccò. E quindi i soldi percepiti devono essere restituiti. In che modo? Nel piano industriale presentato dagli attuali amministratori della Fondazione ai sindacati proprio nei giorni scorsi, viene fatto un elenco del patrimonio della Maugeri, che comprende i cosiddetti “beni strumentali”, cioè le strutture sanitarie, come cliniche e ospedali, tra cui quella di Pavia, dove si svolge l’attività della Fondazione, e i beni invece non più attivi, di cui si prevede la dismissione. E che potrebbero essere confiscati qualora la procura decida di non intaccare l’attività principale dell’ente. In questo secondo elenco compaiono proprietà dislocate sia a Pavia che in altre Regioni. A Pavia, in via Ambrogio da Fossano, ci sono due appartamenti vuoti mentre risulta essere in uso l’edificio in via Palestro, accanto all’Inps, pure di proprietà dell’ente. Ma la Fondazione ha beni confiscabili anche a Genova, in via Val Cismon, dove c’è una casa di cura non attiva, e in pieno centro a Cremona, in vicolo Stella, dove la Fondazione ha un edificio a uso commerciale. Infine, in Puglia, e precisamente a Cassano delle Murge, è di proprietà della Fondazione il “Villaggio del fanciullo”, una struttura attualmente adibita ad asilo. In base a una prima stima il valore degli immobili ammonterebbe a circa 30 milioni di euro. Da parte della Fondazione c’è il più rigoroso riserbo sulla possibilità che siano proprio questi beni a finire nelle mani della procura. La presentazione del piano industriale, comunque, soddisfa i sindacati. «E’ un elemento di trasparenza – dice Gilberto Creston, della Cgil – che dà atto dell’impegno dei vertici di proseguire su una strada molto diversa rispetto al passato». ©RIPRODUZIONE RISERVATA