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Il caos calmo di Antonello Grimaldi

In occasione dell’uscita in Francia del Film Caos Calmo (in sala dal 3 dicembre), pubblichiamo un’intervista del regista.

spacer La prima scena con il mare in burrasca vuole avere un carattere simbolico rispetto al messaggio del film ?
Sì, in realtà rispecchia abbastanza il titolo del romanzo e del film. Nel senso che già il primo capitolo del libro mette in evidenza il contrasto tra una situazione di calma assoluta, due fratelli che giocano coi racchettoni, e il disastro che segue immediatamente dopo. Che non è tanto e non solo il mare mosso, il salvataggio eccetera, ma quello che succede quando Pietro Paladini torna a casa. E allora per richiamare subito questa cosa. E per il fatto che comunque la prima scena si svolge in una spiaggia, abbiamo pensato di mettere il mare mosso come quasi avvertimento di quello che stava per succedere.

Come e quali tagli avete compiuto rispetto al romanzo ?
Gli sceneggiatori si sono trovati davanti a un problema di riduzione perché il libro è molto complesso. Non tanto per le cose che succedono, quanto per le tante riflessioni e i tanti spunti su cui poter costruire un film. Abbiamo dovuto scegliere per forza altrimenti o veniva un film di sei ore o era impossibile farlo. La prima scelta è stata quella del protagonista. Lui stesso ha scritto la sceneggiatura, è ovvio che il personaggio del libro è stato adattato all’attore che lo interpretava. Non tanto morettizzandolo, come dice qualcuno, quanto semplicemente facendo quello che avrebbe fatto qualunque attore che fosse il protagonista : se ne sarebbe appropriato e avrebbe scelto le cose più vicine a lui. Poi, spostando la storia da Milano a Roma, non abbiamo insistito sul mondo dello spettacolo e della moda così presenti nel libro, ci siamo concentrati sulla piazza e su quello che succedeva in quella piazza. Abbiamo fatto anche un’altra scelta anche questa, forse, un po’ paradossale : il film vuole essere tutto Pietro Paladini.

Scegliere il cast è stato difficile ?
No, è stato un cast abbastanza facile, perché abbiamo trovato subito le caselle giuste per tutti, tranne per la bambina, ovviamente, per la quale abbiamo dovuto fare centinaia di provini, trecento circa. Però mi sembra che anche lì, alla fine, siamo stati fortunati. È spontanea, è rock…

E il cameo di Polanski ?
Da sempre pensavamo per quella breve scena a un regista conosciuto, perché Steiner è importante e deve saper mettere in soggezione Pietro Palladini e di conseguenza anche un po’ Nanni Moretti. E allora dovevamo chiamare uno veramente importante. E quindi abbiamo fatto due o tre nomi fino ad arrivare a Polanski. Però devo dire che il merito è stato tutto di Procacci. Noi lo prendevamo anche in giro : abbiamo girato la scena con Polanski l’ultimo giorno, proprio perché fino all’ultimo non c’era nessuna certezza di poterlo avere e già temevo di dovermi truccare e travestire da Steiner. Per fortuna poi è arrivato !

Nel film, e nel libro, è presente anche il mondo del cinema e della televisione. Un’opinione, visto che in questo periodo se ne parla tanto, sul cinema italiano.
Diciamo da tanti anni che il cinema italiano avrebbe bisogno di essere aiutato. Anche se c’è chi non è d’accordo perché pensa che sia assistenzialismo. Questo sarebbe davvero un discorso molto lungo. Noi nel film ci siamo anche un po’ divertiti. C’erano anche altre cosette che poi, guarda caso, abbiamo tagliato. In realtà Pietro Palladini era direttore del canale cinema e dei classici e allora mandava in onda anche cose terrificanti e Jean Caude, il personaggio di Girardot, ogni volta lo rimproverava sulla programmazione. C’era un discorso che ci divertiva molto fare, ma poi, in realtà abbiamo capito che con il film c’entrava pochissimo. C’era anche un’invettiva, senza far i nomi, di Nanni, e quella era veramente di Nanni, contro i registi italiani, ma l’abbiamo tagliata completamente. L’unica rimasta è la scena in cui cerca di far capire il lavoro che faceva, cioè la promozione e anche la produzione di film italiani. La cosa che più ci divertiva era che lui dicesse che Wenders fa i film in sei settimane e che quindi bisogna essere rapidi.

Nel film le scene con il bambino Down colpiscono molto lo spettatore, hanno quasi una valenza simbolica.
Erano quelle che mi spaventavano di più, proprio perché si rischiava, parlando di un bambino Down, di essere troppo patetici o, al contrario, troppo cinici. Per cui ho messo particolare attenzione nel girarle. A un certo punto pensavamo di levarle completamente, invece poi le abbiamo lasciate e sono diventate, appunto, quasi un simbolo. Un uomo di successo che abbandona il suo lavoro e sta davanti alla scuola della figlia è una cosa che non succede tutti i giorni. Però, stando lì, scopre delle cose che nemmeno sospettava esistessero, ne capisce altre con maggiore lucidità e soprattutto le sue priorità cambiano. A quel punto una delle priorità delle sue giornate è il non mancare all’appuntamento con il bambino Down che passa.

La scena di sesso tra Pietro ed Eleonora non ha nel film nessun tipo di "preparazione”. Perché ?
È stata una scelta voluta già in sceneggiatura : il rapporto fra Pietro ed Eleonora, e questo gli sceneggiatori ci tengono molto a dirlo, è di sesso e non d’amore. Allora volutamente non è stata preparata perché si correva il rischio di farla diventare una scena d’amore. È la scena che segna la rinascita : è da lì che Pietro finisce di elaborare il lutto, se mai si può finire di elaborare un lutto del genere, ricomincia a vivere, o meglio prende forza per ricominciare, tanto è vero che pochissime scene dopo se ne andrà dalla scuola e dalla piazza. E non è un caso che tutto ciò avvenga proprio con la donna che ha salvato dalla morte mentre moriva la moglie : è una specie di specchio. Dopo di che, avendo fatto inizialmente la scelta di far accadere quella scena quasi all’improvviso proprio per sottolineare che l’amore non c’entra nulla, ci sono dei piccolissimi segnali, per chi li vuol cogliere, che quest’incontro ci sarà. Per esempio alla cena di gala Eleonora viene messa al corrente che la villa dei Paladini è vicina alla sua. Poi, quando Pietro e sua figlia arrivano alla casa al mare, arriva un messaggio sul telefonino, la bambina chiede se è la zia e lui dice di no. Non si sa chi sia, ma se uno ci vuole arrivare, capisce che è un messaggio della Simoncini. E infine quando Pietro è da solo in casa, la bambina dorme e lui sta facendo zapping in televisione, manda, a sua volta, un messaggio con scritto “Ti aspetto”, e subito dopo arriva Eleonora. Questi sono piccoli segnali che abbiamo sparso.

Perché si è tanto parlato di quella scena che in realtà dura solo quattro minuti ?
Credo, e spero, che ci si sia attaccati a quella scena perchè non si era visto il film. E allora, non sapendo com’è il film ma sapendo che c’è quella scena, ovviamente parla di quella. Spero che, visto il film, si capisca che è una scena importante per le dinamiche psicologiche del protagonista. Comunque è dura, è tosta e ci voleva e poi è nel libro, però il film è anche molto altro. Per cui spero che si ridimensioni la polemica e la scena prenda il giusto posto che deve avere nella vicenda

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