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Francesco Costa | Il Postspacer

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    Il video del momento, trovato grazie a Francesco Lanza che lo ha anche sbobinato. Ridiamone, perché se no ci tocca parlare di beni sequestrati, passaporti ritirati, persone mandate in esilio.

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  • Black Mirror

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    Ho visto una serie tv, mi è piaciuta molto, martedì Sky trasmette tutta in una volta la seconda stagione e secondo me dovete vederla. Ma preferisco prenderla larga.

    Qualche tempo fa pubblicammo sul Post un testo che da allora tengo spesso a portata di mano, ché torna utile in un sacco di conversazioni: un documento risalente al periodo in cui a Venezia, nel Quattrocento, iniziò a diffondersi la stampa. All’epoca i libri venivano copiati e scritti a mano in poche copie, raffinatissime e costosissime, alla portata della sola aristocrazia. I libri stampati stavano per cambiare tutto, e naturalmente in meglio. Il documento di cui sopra, scritto da un uomo del tempo, parla dei libri stampati come di volgari e superflui divertimenti popolari destinati a distruggere la cultura dell’epoca, corrompere i giovani, far precipitare il mondo in chissà che abisso.

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  • Stasera a Milano

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  • Trattare i grillini da adulti

    La decisione dei parlamentari del Movimento 5 Stelle sul ballottaggio per la presidenza del Senato è una storia politicamente importante, e non solo perché Grillo – in qualità di proprietario del partito – ha deciso di mettere fuori i senatori che hanno votato per Grasso. È importante perché al primo voto un po’ delicato la rivendicata compattezza del gruppo si è spaccata, ed è importante soprattutto perché prendere i grillini sul serio vuol dire anche trattarli da adulti, e non concedere loro indulgenze che non siano concesse anche a tutti gli altri parlamentari. Quindi è il caso di capirla bene, questa storia, e a tale scopo serve che Vito Crimi, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, spieghi qual è la versione vera tra le due diverse che ha raccontato.

    In un video pubblicato su YouTube sabato 16, Crimi dice che:

    «La linea che abbiam seguito, diciamo, che il gruppo è uscito all’unanimità con un’unica speranza, che era quella della non rielezione di Schifani: questa è stata la coerenza del gruppo. In questa linea la quasi totalità del gruppo ha proseguito nel voto bianca, qualcuno nulla, qualcuno ha riscritto Orellana per confermare il nostro candidato, qualcuno non ha votato, insomma, questa è stata la linea del Movimento. Sicuramente nella cabina elettorale qualcuno ha agito in coscienza, e questa è stata anche una grande espressione di libertà e di quello che è il nostro spirito, per cui il risultato, alla fine, ha visto Pietro Grasso vincere di larga misura su Schifani»

    Crimi ha detto quindi che la linea decisa dal gruppo era far perdere Schifani, che per far questo la quasi totalità ha votato scheda bianca o nulla (nonsense) e chi ha votato “in coscienza” – per Grasso, fa capire – non ha fatto niente di male, e anzi si è trattato di «una grande espressione di libertà». Sabato sera è arrivato il prevedibile livido post con cui Grillo ha dato la linea, come sempre accade nei momenti di difficoltà del Movimento, smentendo Crimi. Domenica 17 Crimi ha scritto un post su Facebook e ha raccontato una storia un po’ diversa.

    Alla fine si è deciso di votare per alzata di mano tre opzioni: 1) Votare Grasso 2) Lasciare libertà di voto 3) Non votare ne Grasso ne Schifani (scheda bianca, nulla, con scritto Orellana, non votare erano tutte opzioni equivalenti ai fini della terza opzione) Su ogni opzione si è votato liberamente, senza il vincolo che chi votava per una non potesse votare per l’altra, e per ciascuna si è cercata una maggioranza, e la maggioranza assoluta ha votato per la terza opzione.

    Crimi stavolta dice che ogni senatore poteva votare per più di un’opzione (nonsense, di nuovo) e che la linea decisa dal gruppo è stata “non votare né Grasso né Schifani”. Che però è una linea diversa da “non far rieleggere Schifani”. Poi va avanti dicendo che chi ha votato Grasso ha fatto tutt’altro che dare mostra «di quello che è il nostro spirito» o «una grande espressione di libertà».

    Questo atto è sicuramente una violazione del regolamento del nostro gruppo parlamentare, confermo in ogni parola quanto scritto da Beppe Grillo nel suo minipost, e chi viola il regolamento del gruppo automaticamente si può ritenerne escluso.

    Segue una sequela un po’ penosa di giustificazioni, in cui si dà la colpa di quanto accaduto alla “trappola dei vecchi volponi della politica”, al fatto che i senatori del Movimento 5 Stelle sono “ingenui” e pensano “di poter scalare l’everest con le infradito”, alle “pressioni”, alla “situazione fuori dall’ordinario”, addirittura alle “famiglie lontane”, ai “mille pensieri per la testa”, al fatto che in Parlamento “ci si ritrova a prendere decisioni in tempi rapidissimi”. In realtà quella di sabato è stata l’unica decisione presa in due giorni interi, altro che tempi rapidissimi, ed era relativamente facile: un ballottaggio tra due persone, o l’una o l’altra, o Grasso o Schifani. Hanno avuto persino il tempo per indire una riunione e discuterne per due ore. È stata probabilmente una delle decisioni più semplici tra quelle che i senatori del Movimento 5 Stelle dovranno prendere in questa legislatura. Nei prossimi mesi arriveranno cose tipo gli emendamenti alla legge di stabilità. Benvenuti.

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  • Osare funziona

    Come ho scritto altrove stamattina, prima che ricominciassero i lavori del Parlamento, la candidatura di Laura Boldrini e Pietro Grasso alla presidenza di Camera e Senato è stata la prima buona mossa – la prima vera mossa politica, altro che gli otto punti – che il PD ha fatto dal giorno in cui ha perso le elezioni, forse addirittura dal giorno in cui ha deciso di fare le primarie per scegliere il candidato presidente e i parlamentari. Finalmente si è tirato fuori dall’angolo, finalmente ha impostato il rapporto con i suoi principali interlocutori politici (il Movimento 5 Stelle e i montiani) sul piano della sfida e non su quello del corteggiamento subalterno.

    A fronte di una situazione politica enormemente problematica, scegliere Franceschini e Finocchiaro sarebbe stata, con tutto il rispetto, una dimostrazione di straordinaria pigrizia intellettuale, la migliore possibile per gli avversari del PD. Scegliere Boldrini e Grasso – when in trouble go big – è stato un segno di vitalità e intelligenza che ha dato i suoi frutti. Oltre a mettere alle presidenze delle camere due personalità di altissimo profilo, infatti, ha incrinato dopo appena due giorni di legislatura la credibilità e la compattezza del Movimento 5 Stelle e dei montiani, mettendone in evidenza le molte contraddizioni. Credo che questo approccio sia stato adottato troppo tardi perché cambi il destino di questa legislatura, il danno grosso è stato fatto durante la campagna elettorale e non è riparabile. Ma oggi si poteva fare solo questo, per salvare il salvabile, e questo è stato fatto. Bene.

    Ci sono altre cose che impariamo dalla giornata di oggi.

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  • Poi arriva un giorno che lo “zombie” sei tu

    Posso immaginare la frustrazione della deputata Marta Grande nel trovarsi accostata sui giornali a chi ha millantato di avere titoli che non aveva, quando in realtà il Bachelor of Arts che lei ha conseguito in Alabama è tranquillamente equiparabile a una laurea triennale italiana. Lo immagino anche perché, al di là dello “stalking” giornalistico di cui parla, da ieri circolano moltissimo online (soprattutto su Facebook e tra militanti del PD) dei banner raffazzonati che la ridicolizzano, dileggiandola ed equiparandola a Giannino e Crosetto, che le lauree se le sono inventate e basta. Circolano tra migliaia e migliaia di persone che non saranno mai raggiunte da nessuna smentita, e molti di quelli a cui la smentita arriverà probabilmente non ci crederanno: un film che abbiamo visto centinaia di volte. Marta Grande parla, secondo me giustamente, di “fango”. La mia speranza è che da questo episodio possa imparare qualcosa: lei e magari anche qualcuno dei suoi elettori. Per esempio che è molto sgradevole essere dileggiati con delle bugie dagli avversari politici e dai militanti dei partiti avversari. Per esempio che prima di scagliarsi contro qualcuno a testa bassa vale la pena essere certi, ma certi certi, di non stare prendendo un granchio. Per esempio che questo genere di “attacchi” di massa online – il marchio di fabbrica dei militanti del Movimento 5 Stelle – sono spesso basati su ultra-semplificazioni o sfacciate invenzioni, e il malcapitato di turno che ci finisce in mezzo non ha praticamente modo di difendersi: è quella storia della bugia che può fare il giro del mondo nel tempo che la verità impiega ad allacciarsi le scarpe. Per esempio che utilizzare nomignoli denigratori – per giunta a volte basati sull’aspetto fisico delle persone – è una piccola barbarie, roba da fascistelli scemi. Insomma, che se costruisci un pezzo della tua fortuna politica sul fango e sull’insulto facile – “larve” di qua, “merde” di là, “cancro” a destra, “fallito” a sinistra – poi arriva un giorno che lo “zombie” sei tu.

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  • Supereroi raffazzonati

    Kick-Ass è uno dei film più divertenti che abbia visto negli ultimi anni. Quest’anno esce il seguito, girato da Jeff Wadlow e prodotto da Matthew Vaughn, che aveva girato il gigantesco primo film: non credo possa essere lontanamente paragonabile – Kick-Ass è un capolavoro di equilibrio tra cento cose diverse, difficilmente ripetibile – ma intanto qui c’è il trailer, che mostra sostanzialmente due cose. La prima è che la fase discendentissima della carriera di Jim Carrey potrebbe conoscere un inaspettato guizzo, come accadde già a Nicholas Cage per il primo film; la seconda è che in questi tre anni Aaron Johnson e Chloë Moretz sono diventati troppo fichi perché la sceneggiatura non ne tenesse conto, e questo potrebbe rendere il film un po’ più simile ai normali film di supereroi. Esce in Italia il 15 agosto.

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  • Vent’anni di “antiberlusconismo” in una frase

    Nel cazziatone del presidente Napolitano a Repubblica c’è una frase che, da sola, sintetizza magistralmente vent’anni di anti-berlusconismo di maniera e le sue conseguenze:

    «tendenziosità tale da fare il giuoco di quanti intende colpire»

    C’è tutto. Chi vuole approfondire trova molto anche nella lettera che qualche mese fa Matteo Renzi scrisse a Libertà e Giustizia. Nel mio piccolissimo, quello che penso lo avevo scritto qui e lo ri-pubblico di seguito.

    Fini e mezzi sono cose diverse ma non distinte. Prendiamo Berlusconi e la destra italiana. I mezzi di Berlusconi si saldano ai suoi fini in un’ideologia e in uno stile precisi e omogenei: la demagogia, le bugie, la violenza verbale, lo scarso rispetto verso le istituzioni, l’associare i propri avversari a dittature del passato, la superficialità, la speculazione elettorale sulle paure delle persone, l’uso strumentale dei giornali vicini per colpire gli avversari, la malafede, l’idea delle piazze e delle raccolte di firme come surrogato delle elezioni e del Parlamento, e per quanto ancora si potrebbe continuare? I mezzi determinano e condizionano i fini, che a loro volta ispirano i mezzi. In ultima istanza, fanno parte dello stesso calderone e determinano che tipo di posto che vuoi costruire.

    Io non sopporto nulla di Berlusconi. Quando immagino un’alternativa a Berlusconi penso a un’alternativa sia ai suoi fini che ai suoi mezzi: le due cose non sono scindibili. Invece un bel pezzo della sinistra italiana – quello che generalizzando e convenzionalmente viene chiamato “antiberlusconismo” – pur perseguendo fini diversi da quelli di Berlusconi, utilizza parzialmente o totalmente i suoi mezzi: la demagogia, le bugie, la violenza verbale, lo scarso rispetto verso le istituzioni, l’associare i propri avversari a dittature del passato, la superficialità, la speculazione elettorale sulle paure delle persone, l’uso strumentale dei giornali vicini per colpire gli avversari, la malafede, l’idea delle piazze e delle raccolte di firme come surrogato delle elezioni e del Parlamento, e per quanto ancora si potrebbe continuare?

    Penso che un’eventuale vittoria su Berlusconi conseguita con questi mezzi non sarebbe una vittoria di cui andar fieri: non sarebbe una vittoria piena e forse non sarebbe nemmeno una vittoria. Questo è un discorso vecchio e noto, tutt’altro che moderato o centrista: è il discorso molto popolare a sinistra sulla necessità di superare e arginare il berlusconismo, oltre che Berlusconi. A parole tutti sono d’accordo, solo che si fa molta fatica a metterlo in pratica. In questo senso il problema della sinistra italiana non è che è troppo antiberlusconiana. È che non lo è abbastanza.

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  • Lo statuto del Movimento 5 Stelle NON è copiato dallo statuto del Partito Democratico

    O meglio: è copiato da qualcosa, ma non da quello del PD. Con ordine. Circola online da ieri, grazie allo Huffington Post che lo ha ottenuto, lo statuto del Movimento 5 Stelle. Non il “non-statuto”: proprio lo statuto vero, depositato lo scorso dicembre, dal quale emerge che ufficialmente Beppe Grillo è il presidente del movimento e un suo nipote ne è vicepresidente. Da qualche ora circolano online alcuni post – io ne ho letto qui – secondo i quali un pezzo dello statuto del Movimento 5 Stelle è copiato dallo statuto del Partito Democratico. Il passaggio incriminato è questo:

    Il Movimento 5 Stelle si ispira ai principi fondamentali di progresso e sviluppo nei riguardi dei tre soggetti a cui l’azione politica e sociale si rivolge:

    - l’Individuo, quale persona e cittadino che decide di convivere in pace con altri individui;
    - la Società Civile, quale luogo nel quale la convivenza si esprime nelle sue forme economiche e nelle aggregazioni sociali spontanee;
    - lo Stato, quale organismo laico che deve garantire la salvaguardia dei valori fondanti della società e lo sviluppo delle possibilità individuali.

    L’obiettivo che il Movimento 5 Stelle si pone, nella realizzazione del suo programma, è la convivenza armoniosa tra gli uomini, attraverso lo sviluppo del talento e delle capacità personali dell’individuo, che deve trovare piena possibilità di cogliere tutte le opportunità realizzabili all’interno della Società civile, nel rispetto delle regole istituite dallo Stato nella sua fondazione. Lo Stato deve limitare il corpo delle leggi che ne regolano il funzionamento a quegli ambiti di intervento propri di tutela e salvaguardia degli interessi della collettività e dei diritti della persona.

    Questo testo è presente nello statuto del Movimento 5 Stelle ma in realtà non è presente nello statuto del Partito Democratico: né in quello fondativo, che si può leggere qui, né in quello attuale, modificato dall’assemblea nazionale del partito lo scorso ottobre. Da dove viene allora l’equivoco? L’equivoco viene dal fatto che questo testo si può leggere, identico, su un sito che effettivamente si chiama partito-democratico.org ma non ha niente a che vedere col Partito Democratico. Il sito è stato costruito durante il lungo processo fondativo dell’attuale Partito Democratico – contiene anche un paio di commenti critici con i partiti della sinistra – e proponeva uno statuto che contiene l’identico passaggio presente nello statuto del Movimento 5 Stelle.

    Il dominio è stato registrato da Marco Fuccello, e facendo qualche altra ricerca l’inghippo si spiega. Fuccello registrò nel 2006 il marchio “Partito Democratico”, con l’intenzione di farne un partito, e realizzò anche quel sito e quello statuto. Poi il PD – quello vero – reclamò con successo il marchio.

    Il PD ha tutelato come marchio il proprio simbolo nel novembre del 2007, prevedendo un numero elevatissimo di possibili usi, per garantirne l’impiego anche a fini non strettamente politici. Le analisi condotte nel 2008 avevano portato a considerare Marco Fuccello quale titolare di diritti prioritari per aver depositato il marchio Partito Democratico l’8 giugno 2006 (vedi su www.tibicon.net l’edizione del 2008 di questo studio), data dunque anteriore a quella del deposito dello stesso marchio da parte dell’omonimo partito (ancora rintracciabile in 26 rete, anche se probabilmente inattivo, il sito www.partito-democratico.org al quale faceva capo l’attività politica avviata da Marco Fuccello).

    L’estensione dell’analisi anche a parole non strettamente legate al nome del partito ha fatto emergere la registrazione del marchio Partito Democratico Italiano, che risale all’11 maggio 2006 ed è quindi antecedente a quella di Marco Fuccello: il titolare risulta essere Angelo Salvatori, Coordinatore del Circolo On Line del Pd denominato “Communitas 2002” (www.pd.communitas2002.org). Possiamo quindi ragionevolmente affermare che il PD ha titolo all’uso del marchio perché registrato anteriormente da persona che sembra essere del tutto integrata nel partito. Dopo le elezioni del 2008, il PD ha proceduto ad un massiccio deposito di marchi denominativi a livello nazionale e comunitario: titolari gli On.li del PD Barbi, Lusi, Migliavacca, Soro, Sposetti.

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  • Potevamo immolarci per qualcosa di meglio

    Un pensiero a margine della discussione sul finanziamento pubblico ai partiti. Se c’è una cosa apprezzabile in chi nel Partito Democratico lo difende, è il fatto che si tratti di una difesa perentoria e sincera di una delle posizioni in assoluto più impopolari della politica itali

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