9 aprile 1921 – 9 aprile 2011

Pubblicato il 8 marzo 2011 da Sicilia Libertaria

Il Gruppo anarchico di Ragusa promuove una manifestazione commemorativa dell’eccidio fascista del 9 aprile 1921, per sabato 9 aprile 2011, alle ore 11 in piazza S.Giovanni, a Ragusa.

Per adesioni: info@sicilialibertaria.it (hanno già aderito: la CUB provinciale, il Circolo ARCI Lebowsky di Ragusa, l’UDS di Ragusa, Il Clandestino di Modica).

PROGRAMMA
Ore 11: posa di una corona di fiori sotto la lapide dedicata ai caduti del 9 aprile 1921;
Ore 11,30: Commemorazione dei fatti del 9 aprile e interventi sul fascismo oggi. Concluderà Ciccio Schembari con una narrazione dei fatti del 9 aprile.
Ore 18: Circolo ARCI Lebowsky, corso Vittorio Veneto 817: proiezione del documentario “La memoria che riaffiora” (sulla mobilitazione contro la statua a Pennavaria e l’apposizione della lapide alle vittime del 9 aprile); seguirà dibattito sulle origini del fascismo in terra iblea e l’antifascismo oggi. In conclusione: cena sociale.

I FATTI DEL 9 APRILE 1921

La fine della guerra del 1915-18 aveva lasciato un paese prostrato e ferito; il popolo viveva al limite della sopravvivenza; braccianti, operai, artigiani, ridotti in miseria, colpiti da lutti, affrontavano il futuro con grande incertezza; ma tra loro c’era anche chi provava a riorganizzarsi per richiedere miglioramenti sostanziali alla propria condizione. Risorgevano le organizzazioni contadine e operaie, socialiste e libertarie, rivendicanti una vita migliore.
Anche a Ragusa queste istanze cominciavano ad affermarsi; le lotte dei contadini e degli altri lavoratori man mano che si rafforzavano, conquistavano nuovi diritti; si aprivano sedi sindacali e socialiste un po’ in tutti i paesi del circondario di Modica. Nelle elezioni comunali del 1920 sindaci socialisti venivano eletti a Modica, Ragusa, Vittoria e in altri comuni; si respirava un clima positivo e si intravedevano possibilità di cambiamenti sociali rilevanti; ne traeva beneficio lo stesso stile di vita delle popolazioni, e le città lentamente risorgevano a nuova vita grazie al vento di libertà che cominciava a soffiare forte.
Ma tutto questo era considerato come un pericolo dalla borghesia, dagli agrari, dai massari arricchiti, dai nobili, che temevano l’affermarsi della “plebaglia” e la fine dei loro privilegi. Le forze proletarie avanzavano in ogni campo, e la classe dei ricchi cominciava anche qui, come al Nord, ad attrezzarsi per rispondere e ristabilire il proprio ordine. Sull’onda del successo di Benito Mussolini, anche in terra iblea giovani abituati alla violenza della guerra, ex combattenti, e teppaglia mercenaria, uniti da parole d’ordine patriottiche e dannunziane, si mettevano a disposizione per arginare l’avanzata popolare. I primi gruppi nacquero a Ragusa Ibla: giovani, impiegati, figli della borghesia iblea, guidati da Totò Giurato; i ricchi osservavano gli eventi pronti a scendere in campo. Nel mese di luglio del 1920 nella piazza degli Archi si aprì la prima sede dei Fasci Italiani di Combattimento, mentre a Ragusa Superiore apriva la sua sede l’Associazione dei Combattenti, presieduta da Filippo Pennavaria, esponente della borghesia agraria, volontario nella Grande Guerra. Le due realtà, per quanto affini tra di loro, non si unificheranno che dopo la marcia su Roma; tuttavia muovevano di concerto contro le organizzazioni proletarie. Il 4 novembre 1920 tentavano un primo assalto al Municipio di Ragusa, retto dai socialisti, dando vita ad una lunga sequela di provocazioni e intimidazioni, mentre in tutta la provincia lo squadrismo nascente era all’origine di gravi fatti d sangue.
Il 3 aprile del 1921 veniva aperta la casa del Fascio a Ragusa Superiore; un corteo di fascisti provenienti da tutta l’isola, armati, attraversava le vie del centro inneggiando a Mussolini e a Dannunzio, per convergere in piazza Umberto I (oggi piazza S. Giovanni) dove i due sodalizi dei fascisti e dei combattenti siglavano il loro nefasto patto d’azione. Ragusa partecipava così del clima di violenze che impazzava in tutta l’Italia e che doveva condurre, il 7 aprile, il governo Giolitti a rassegnare le dimissioni e fissare le elezioni per il 15 di maggio.
Fascisti e combattenti, galvanizzati dalla manifestazione del 3, scorazzavano oamai minacciosi ed euforici per tutta la città.
Sabato 9 aprile di pomeriggio la piazza si riempiva di braccianti, come al solito; la Camera del Lavoro pullulava di contadini, operai, artigiani per assistere all’incontro con l’onorevole Vacirca; nell’aria aleggiava una certa preoccupazione; anche fascisti e combattenti affluivano alle loro sedi; il Circolo Agricolo, in Corso Vittorio Veneto, era al centro di strani movimenti. L’incontro con Vacirca iniziava; le sue parole non nascondevano la preoccupazione per il clima in cui era immerso quel pomeriggio. Sulla parte sovrastante la piazza, già piena di persone, si portavano gruppi di fascisti, mentre altri dal Circolo Agricolo controllavano la situazione; anche i combattenti uscivano dalla sede, nella stessa piazza. Da questi soggetti partirono puntuali invettive contro Vacirca: era la provocazione; sul loggiato della piazza la massa ondeggiò, e questo movimento portò alla caduta nell’area sottostante, di uno dei pilastri posti sopra la balaustra. In quel momento, da sotto i mantelli e gli abiti di fascisti e combattenti spuntarono le armi, e numerosi colpi partirono verso la Camera del Lavoro. La folla, in preda al panico, cercò la fuga in tutte le direzioni, mentre a decine i feriti cadevano a terra; due di essi morti sul colpo. La massa convenuta in piazza non aveva via di scampo, presa nella trappola com’era; bambini, anziani, donne, lavoratori dai mestieri più disparati gridavano, imprecavano, tra i lamenti dei feriti, mentre la forza pubblica stava a guardare. Il pavimento della piazza si riempiva di sangue, oltre cento saranno alla fine i feriti, mentre per Rosario Occhipinti e Carmelo Vitale non ci sarà più niente da fare. Rosario Gurrieri, ferito gravemente, morirà poco dopo. Calava il gelo su Ragusa, chiudevano i negozi, la gente si rifugiava in casa. I fascisti s’impadronivano delle strade e presidiavano la città, e con il supporto dei fasci di Vittoria e Comiso assaltavano e incendiavano le sedi rosse. All’alba del 10, distruggevano la Camera del Lavoro e la sezione giovanile socialista di Ragusa Ibla. Poi occupavano il Comune e costringevano, sotto la minaccia delle armi, gli amministratori socialisti a firmare le dimissioni. Ragusa e tutti i comuni della futura provincia erano oramai in preda al terrore dello squadrismo; l’ordine dei nobili, degli agrari, della ricca borghesia era ristabilito. Un mese dopo, alle elezioni politiche, fascisti e combattenti imposero i loro candidati Pennavaria e Galfo Ruta: facendo votare i cittadini a schede aperte, sotto il tiro delle armi, brogliando in maniera aperta, tanto che l’elezione dei due capi venne dichiarata decaduta. Ma ormai per l’Italia tutta andava a cominciare la notte nera del ventennio, e quelle violenze, quel terrore, sarebbero diventati il pane quotidiano per tutti gli oppressi che avevano osato lottare per un mondo migliore.

(Informazioni tratte dal numero unico “9 Aprile 1921”, pubblicato a Ragusa il 25 aprile 2002).

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