I sondaggi non hanno funzionato. È l’accusa che viene mossa agli istituti demoscopici impegnati durante la campagna elettorale, complice la “tempesta perfetta”, ossia il cortocircuito informativo che si è creato lunedì pomeriggio, subito dopo la chiusura delle urne. Le diverse reti televisive, come di consueto, hanno commissionato la realizzazione di sondaggi post-voto (gli istant polls, meno onerosi dei “famigerati” exit polls) e proiezioni elettorali. Per la prima volta gli uni e le altre, pur dando risultati di segno diverso al Senato (netto vantaggio per il centro sinistra i sondaggi, lieve vantaggio per il centro destra le prime proiezioni) sono stati smentiti dai risultati ufficiali che hanno visto centrosinistra prevalere di poco in voti ma non nel numero dei seggi dove è prevalso il centrodestra. Con la conseguenza che, durante i diversi programmi televisivi, mai come quest’anno è stato seguito con grande interesse lo spoglio dei dati ufficiali del Viminale. Questo avveniva sulle reti RAI, SKY e La7. Ancora una volta quanto avvenuto induce una riflessione sui limiti del sondaggio ma anche sul controverso rapporto tra sondaggi e mezzi di informazione.
Partiamo dai limiti: spesso si osserva che l’utilizzo prevalente del metodo telefonico nella realizzazione delle interviste possa escludere dai campioni i segmenti di popolazione che non hanno la linea telefonica fissa ma solo quella mobile. Per quanto ci riguarda, da tempo adottiamo il sistema “full dual” che ci consente di includere nei nostri campioni i possessori esclusivi di telefono cellulare. Altri istituti adottano lo stesso metodo, altri ancora integrano i campioni intervistati per telefono con campioni consultati tramite internet. Alcuni utilizzano campioni costituiti interamente da soggetti selezionati ex novo, altri campioni di individui che appartengono ad un panel (quindi rispondono più volte allo stesso questionario), altri ancora utilizzano un sistema misto di campionamento. Ebbene in tutti questi casi non si sono osservate variazioni significative tra le stime.
Un altro rilievo critico riguarda la dimensione dei campioni, soprattutto in una fase caratterizzata da un’”area grigia” (astensionisti e indecisi) decisamente superiore rispetto al passato che determina una riduzione della base degli intervistati che dichiarano il proprio voto. Durante la campagna elettorale abbiamo realizzato decine di migliaia di interviste presso campioni di grandi e medie dimensioni, mai inferiori a 1000 elettori. Si può osservare che il campione intervistato da Tecné per Sky era composto da 50.000 elettori¸ quello dell’istituto Piepoli per Rai da 20.000. Con i risultati che conosciamo.
Gli elementi di difficoltà erano evidenti in una campagna caratterizzata da:
I principali limiti metodologici sono stati:
Questi limiti emersi nell’ultima campagna si sommano a quelli purtroppo ormai presenti da tempo a cui difficilmente si può porre rimedio:
In questo quadro particolarmente complesso, al di là della macroscopica imprecisione che ha riguardato la coalizione del centro sinistra (sovrastimata) e il M5S (sottostimato), le restanti stime degli istituti si sono collocate in larga misura nell’ambito dell’errore statistico.
Di seguito vengono riportate le stime Ipsos delle ultime 3 settimane:
A parte i risultati attribuiti ai singoli partiti, il quadro che emergeva dai sondaggi preelettorali, sia quelli pubblicati prima del blackout, sia quelli confidenziali, era il seguente:
Pertanto, senza in nessun modo sottovalutare il problema dell’affidabilità delle stime riguardanti i singoli partiti, possiamo dire che lo scenario sopra descritto si è puntualmente verificato, sia pure con un livello di precisione molto più limitato del solito, alla luce degli elementi sopra evidenziati.
Rimane il fatto che sui sondaggi, come spesso succede negli ultimi anni, si è concentrata l’attesa spasmodica dei media e della politica, di una “predizione” che fotografasse l’esito del voto con grande precisione. Ma la tornata elettorale, per la prima volta non bipolare dopo un ventennio, ha reso ancora più ardua una previsione corretta e reso meno affidabili le stime puntuali.
Il punto di gennaio 2013