Yama, le 5 regole per un mondo migliore

Pubblicato il 11-02-2012 da Gianni Da Re Lombardi in Astanga Yoga di Patanjali, Scritture tradizionali, Storia dello Yoga Commenti/Lascia il tuo

Yama: le cinque regole per un mondo migliore.

Introduzione: le otto membra dello Yoga
Patanjali nei suoi Yogasutra cataloga lo Yoga in otto membra distinte. Queste costituiscono i diversi percorsi, in parte paralleli, in parte sequenziali, che il praticante deve intraprendere. Per comprenderci, non si tratta di scalini di una scala (superato il primo si passa al secondo), bensì di un continuum. Le otto membra dello Yoga sono Yama, Niyama, Asana, Pranayama, Pratyahara, Dharana, Dhyana e Samadhi.

I primi cinque elementi costituiscono la base e, dopo un periodo di apprendimento, vengono praticati quasi parallelamente. Yama e Niyama (prescrizioni e obblighi) sono i prerequisiti che ogni essere umano idealmente dovrebbe praticare per tutta la vita, come un bordone o un basso continuo sotto un pezzo musicale, in cui la melodia si evolve ma l’accompagnamento ritmico è sempre presente. Gli Asana (le posizioni fisiche) si praticano per migliorare la salute e l’energia del corpo. Poi, dopo qualche tempo di pratica di Asana si può iniziare anche a praticare Pranayama (il controllo del prana attraverso il controllo del respiro). Attraverso una pratica costante, dopo diverso tempo si inizia a sperimentare Pratyahara (il ritiro dai sensi, il riposo simultaneo di tutte le attività sensoriali).

Tutto questo diventa l’insieme armonico di una pratica continua. Queste cinque membra vengono chiamate anche Bahir-anga, membra esterne, perché riguardano attività relative al corpo fisico e agli organi di senso che possono essere notate anche da un osservatore esterno.
I tre stadi successivi vengono chiamati Antar-anga, membra interne, perché riguardano esclusivamente esperienze che avvengono nell’interiorità del praticante: l’osservatore esterno non può notare alcun cambiamento. Si tratta di Dharana (concentrazione), Dhyana (meditazione, l’atto di mantenere la concentrazione a lungo su un singolo oggetto e senza interruzione) e Samadhi (perfetto raccoglimento, uno stadio superiore di meditazione, difficile da definire a parole). La pratica delle prime cinque membra è propedeutica al successivo raggiungimento delle ultime tre.

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Patanjali in una statua moderna

Yama, le prescrizioni sociali.
Yama e Niyama vengono generalmente nominati in coppia, e sono una sorta di dieci comandamenti dello Yoga. I due termini vengono spesso tradotti in Italia con le parole astratte e quasi sinonime di “prescrizioni” o “proibizioni” (Yama) e “osservanze” o “obblighi” (Niyama) ma vengono comprese e memorizzate meglio se si identificano così: gli Yama sono le prescrizioni sociali (come comportarsi con gli altri) e i Niyama sono le prescrizioni personali (come comportarsi con sé stessi). Infatti, anche se è possibile, cercando il pelo nell’uovo, trovare qualche sovrapposizione, gli Yama hanno principalmente impatto sul rapporto con gli altri, mentre i Niyama, di cui parleremo nel prossimo articolo, riguardano prevalentemente sé stessi.
Gli Yama sono Ahimsa (non violenza), Satya (verità), Asteya (non rubare, astensione dal furto), Brahmacarya (castità, moderazione nell’uso dell’energia sessuale), Aparigraha (mancanza di possessività e attaccamento ai beni materiali).

Ahimsa o Non-violenza
Il concetto di non violenza nei confronti di ogni essere vivente è tanto antico nella filosofia indiana quanto probabilmente uno dei più moderni e rivoluzionari, tant’è vero che è stato alla base della lotta di liberazione dell’India guidata da Gandhi, successivamente adottato anche da leader politici e sociali come Martin Luther King, Nelson Mandela e altri. Nella storia raramente la filosofia politica o religiosa hanno messo la non violenza al primo posto della propria pratica, come hanno invece fatto i filosofi dello Yoga migliaia di anni fa. Anzi, spesso violenza e sopraffazione è stata giustificata anche da motivi religiosi, come succede purtroppo talvolta anche oggi.
Ahimsa letteralmente significa non ferire, nel senso di evitare la violenza a tutti i livelli: fisico, verbale, mentale, emotivo. Anche se fra minacciare una bastonata e darla veramente c’è un’ovvia differenza, la violenza fisica è figlia della violenza mentale e verbale. Ogni genere di violenza scatena cicli di odio e amarezza, che ne scatenano altri come conseguenza. Se tu fai violenza agli altri, prima o poi ne ricevi indietro, concetto ben noto anche a livello popolare: “chi la fa l’aspetti”, “chi semina vento raccoglie tempesta” e così via.
Inoltre una mente piena di odio e pensieri violenti non può essere stabile, rendendo più difficile se non impossibile la pratica dello Yoga. Eliminare la violenza fisica è il primo passo per eliminare anche la violenza verbale. Eliminando la violenza verbale si evita anche di pensare in modo violento o offensivo. Se si soffocano alla loro nascita i pensieri violenti, si riesce anche a controllare le emozioni negative.
Per il praticante di Yoga evitare atti violenti nei confronti degli altri e di qualsiasi creatura è fondamentale. Talmente importante che è il primo punto in agenda.

Satya o Verità
Praticare Satya significa aderire e ricercare la sincerità nella vita personale e sociale. Contrariamente a quel che talvolta può sembrare, dire la verità è più facile che dire bugie. Per mentire con successo occorre avere un’ottima memoria, e grande fantasia. Ogni menzogna ne trascina altre, come vediamo nei film gialli e nelle commedie degli equivoci. Come diceva Shakespeare, “quale intricata tela intessiamo la prima volta che iniziamo a mentire”. Una bugia tira l’altra.
Mentre le bugie rubano energia, la verità dà coraggio: quello che dico è esattamente quello che ricordo. Non devo inventare nulla. Una menzogna invece genera sempre sentimenti di colpa nella tua mente, per quanto sottili. Ovviamente possono esserci situazioni in cui anche dire la verità può essere una forma di violenza: ad esempio dire a un’altra persona che è brutta o vestita male. In quel caso è possibile tacere, soprattutto quando quella che pensiamo essere verità, in realtà è solo un’opinione personale. E le opinioni è meglio fornirle solo quando è richiesto o opportuno.
Chi pratica Yoga deve imparare a dire la verità, agli altri e a sé stessi, ma rispettando la loro sensibilità per non ferirli.

Asteya o non rubare
Non rubare significa eliminare dalla propria vita ogni atto o desiderio di appropriazione e disonestà nei confronti degli altri. Rubare significa porsi in una situazione di tensione, coltivare un senso di colpa, continuare a temere per mesi o per anni di essere scoperto. Anche se malviventi e truffatori possono apparire vincitori sul breve periodo, è utile notare che in genere le tensioni della loro vita li usurano precocemente o li inducono all’abuso di sostanze come droghe e alcool per trovare un po’ di distrazione dalla vita che fanno. Rubare, nella pratica dello Yoga, va evitato perché danneggia gli altri e sé stessi, avviando pensieri, emozioni ed avvenimenti molto negativi.

Bramhacharya o rinuncia alla sessualità non necessaria
Brahmacharya è, come tutto quello che riguarda direttamente o indirettamente il sesso, il punto spesso più controverso. Letteralmente significa seguire Brahman, inteso come il principio divino dell’universo. Secondo la mitologia indiana, l’universo è sottoposto a una triade divina: Brahma, il creatore, Visnu, il garante della stabilità, Siva, il tempo divoratore e distruttore. Solo Visnu e Siva sono sposati. Brahma il creatore è celibe. Questo starebbe a significare che si possono raggiungere poteri spirituali e creativi superiori solo tenendo sotto controllo la dispersione di energia sessuale. Secondo alcuni, chi pratica Yoga dovrebbe evitare ogni attività sessuale. Secondo altri, è sufficiente che l’attività sessuale sia moderata. Facendo un’analogia con il cibo, sappiamo che con il cibo si introducono anche tossine, e la digestione è un processo laborioso che richiede energia, il che spiega i benefici di una dieta moderata e di occasionali brevi digiuni. Se l’analogia è calzante, troppo sesso è come mangiare troppo: fonte di debolezza e malattia. Ma anche il digiuno totale, se prolungato, crea problemi: alla lunga si muore.
Bisogna anche aggiungere che l’attività sessuale, comprendendo necessariamente una relazione molto intima con un’altra persona, per una sola notte o per molto tempo, comporta l’avvio di una quantità enorme di attività mentali e distrazioni che, soprattutto nel caso di sessualità egoistica e predatoria, non facilitano la pratica dello Yoga. Uno Yogi dovrebbe utilizzare la sua energia sessuale per dedicarla all’attività spirituale.
Chi non è sposato o non ha una relazione stabile dovrebbe evitare attività sessuali. Chi è sposato o ha una relazione stabile deve seguire una strada di moderazione. Ci sono comunque dibattito e punti di vista diversi fra i vari commentatori, le cui raccomandazioni vanno dall’astinenza assoluta, magari raggiunta con gradualità, a una certa liberalità e indulgenza.

Aparigraha o non attaccamento per i beni materiali
Aparigraha significa mancanza di avidità e di desiderio di possesso. Tutti noi abbiamo una tendenza ad acquisire, possedere e conservare le cose che ci piacciono. Ma ogni oggetto attiva una serie di problemi: acquisirlo, conservarlo, custodirlo, disfarsene nel modo giusto se e quando ha adempiuto alla sua funzione. Meno si desidera, meno problemi ci si crea dal punto di vista mentale ed emozionale. E, per chi è consapevole anche dei problemi ecologici a livello globale, meno si possiede meno si pesa sul mondo e sulla società. Anche da questo punto di vista l’antichissima filosofia dello Yoga si rivela modernissima.
Il filo conduttore dei cinque Yama è il distacco: distacco dalle emozioni negative attraverso la soppressione della violenza, dai propri desideri di manipolazione attraverso l’accettazione della verità, dagli oggetti attraverso il rifiuto del furto, dai piaceri attraverso la castità, distacco dal possesso.
Gli Yama rappresentano indicazioni per un buon comportamento etico, quello preferibile dal punto di vista della pratica dello Yoga. Seguendo questo codice etico i progressi spirituali e i benefici della pratica saranno maggiori e più facili. Si tratta di un codice indispensabile per chi vuole raggiungere gli stadi più elevati dello Yoga e non limitarsi a un corpo flessibile e qualche beneficio antistress, per quanto preziosi.

Bibliografia utile

“Le regole della vita quotidiana (yama e niyama)”, Cinzia Picchioni, ed. Magnanelli
“Enciclopedia dello Yoga”, Stefano Piano, Promolibri Magnanelli
“The Language of Yoga”, Nicolai Bachman, Sounds True
“The Yoga Tradition”, Georg Feuerstein, Hohm Press
“Aforismi dello Yoga”, a cura di Paolo Magnone, Promolibri Magnanelli
“La Scienza dello Yoga”, I.K. Taimni, Astrolabio Edizioni

Questo articolo è stato pubblicato sul mensile italiano Yoga Journal Italia, con qualche variazione.

Yoga e creatività nella festa di Holi – 11 Marzo ad Alpignano (Torino)

Pubblicato il 11-02-2012 da Gianni Da Re Lombardi in Eventi Commenti/Lascia il tuo

Yoga Lakshmi - Yoga e creatività nella festa di Holi

La festa di Holi segna lo sbocciare della primavera. Rappresenta la rinascita della luce, dei colori e della gioia dopo il buio e il freddo dell’inverno. La vita è colorata, questo è il motto della festa di Holi. In questa giornata giochiamo con le parole, con i colori, con i suoni, con la gestualità. Ri-Scopriamo attraverso le pratiche yoga la primavera dentro di noi.

L’incontro è rivolto a tutti, non è necessario avere già esperienza di yoga.
Il pranzo sarà condiviso.
Le iscrizioni si chiuderanno al raggiungimento dei posti disponibili.
È necessaria la pre-iscrizione con acconto.
Per informazioni e iscrizioni Tel: 335-8452060
L’insegnante: Shantimitra

Domenica 11 marzo 2012 dalle ore 9,30 alle ore 18,00

Cascina Govean, via Marconi 44/B Alpignano (To)

Costo: 50 euro per i soci, 70 euro per i nuovi iscritti

La tartaruga – simbologia di Kurmasana

Pubblicato il 03-02-2012 da Gianni Da Re Lombardi in Asana - Simbologie, News Commenti/Lascia il tuo

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La tartaruga è un animale strano e affascinante. Come la chiocciola, è una specie di roulotte vivente, un animale che simbolicamente porta sempre con sé la sua abitazione.
La tartaruga è ricchissima di simbologie, la maggior parte positive e qualcuna negativa. La principale simbologia negativa è la lentezza, che però diventa anche la sua forza positiva: la lentezza è anche persistenza e pazienza. La lentezza ha un’altra lettura temporale: la durata. La tartaruga è anche simbolo di longevità e quindi la saggezza della lunga esperienza.

L’aspetto della tartaruga, asciutto e rugoso, ricorda l’aspetto di una persona anziana, aumentando la simbologia della saggezza e dell’esperienza. In oriente la tartaruga porta una vita lunga e felice.

Dentro un tetto di stelle
Il carapace della tartaruga rappresenta l’universo. La sua corazza è tonda in alto, in certe specie molto bombata e quasi sferica, come la volta celeste nelle rappresentazioni immaginarie degli antichi. In basso invece la corazza è piatta come il terreno su cui camminiamo.

Secondo la mitologia greca, il carapace di una tartaruga fu usato da Mercurio come cassa armonica per realizzare una cetra, trasformando una tartaruga in uno strumento musicale dal suono particolarmente dolce.

Stabile, finché non la tocca nessuno
La tartaruga è anche simbolo di stabilità: se nessuno la rovescia, la tartaruga non cade mai. È un animale talmente stabile che nella cosmologia Induista l’universo poggia su una tartaruga. La tartaruga è anche uno degli avatar di Vishnu. In nessun modo possiamo considerare la tartaruga un animale acrobatico.

Nella cosmologia indiana, una delle rappresentazioni dell’universo vede il mondo appoggiato sulla schiena di un elefante, che a sua volta sta in piedi su una gigantesca tartaruga. In questa rappresentazione simbolica l’elefante è il principio maschile e la tartaruga è il principio femminile. Quando si chiede dove appoggia la tartaruga, le risposte che sono state date sono quattro: “la tartaruga nuota nell’oceano”; “se un’aquila è in grado di volare per qualche tempo con un animale fra gli artigli, una tartaruga divina è in grado di tenere l’universo per tutta la sua durata”; “ogni tartaruga appoggia su un’altra tartaruga”; e infine: “cambiamo discorso”. Ci sono altre varianti di questa cosmologia, in cui il mondo appoggia sulla schiena di una tigre. In tutti i casi, anche le simbologie arrivano fino a un certo punto, poi si fermano con le spiegazioni…

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Kurmasana, variante eseguita da allieva molto avanzata

Concentrazione e introspezione
Nella tradizione yoga, Kurmasana è una posizione che facilita la concentrazione e l’introspezione, allenando la mente alla meditazione.

Può essere praticata in innumerevoli varianti, dalle versioni più facili adatte anche ai principianti, fino alle esecuzioni da contorsionisti.

Normalmente, se si sceglie una versione adatta per il proprio livello di pratica, è una posizione che può essere tenuta a lungo. Col passare dei minuti, aumentando il rilassamento, la posizione si approfondisce in modo notevole, millimetro dopo millimetro.

Come in tutte le posizioni yoga, bisogna scegliere e praticare la variante più adatta al proprio livello di pratica, senza forzare la posizione.

Due filmati con esecuzioni di Kurmasana, una versione per principianti e una versione per allievi molto avanzati (giovani, flessibili, e con almeno tre anni di pratica, indicativamente):

  • Esecuzione di Kurmasana adatta per principianti.
  • Esecuzione di Kurmasana molto avanzata.

Aiuta un insegnante di yoga

Pubblicato il 29-01-2012 da Gianni Da Re Lombardi in Curiosità, News Commenti/Lascia il tuo


Aiuta un insegnante di yoga a superare la crisi economica… [Video parodia segnalata da Ornella]

Arco – Simbologia di Dhanurasana

Pubblicato il 26-01-2012 da Gianni Da Re Lombardi in Asana - Simbologie Commenti/Lascia il tuo

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L’arco è un’arma antichissima, diffusa in quasi tutte le civiltà e continenti, con l’importante eccezione dell’Australia. Nella Bhagavad-Gita è l’arma del guerriero Arjuna. È un’arma adatta per il combattimento ma anche per la caccia. La pratica del tiro con l’arco viene considerata anche uno strumento di elevazione spirituale per l’esercizio di forza, concentrazione e pazienza che comporta.

Come per apprendere un’asana bisogna eseguirla mille volte in modo imperfetto, per diventare arceri infallibili occorre sbagliare migliaia di volte.

Il lampo e la pazienza
La freccia è come il lampo e colpisce all’improvviso. Nella mitologia l’arco è anche l’arma dell’amore, che colpisce all’improvviso e trafigge il cuore. Però la subitaneità del lancio si unisce alla pazienza e alla forza.

L’arco è relativamente facile da costruire, ma l’arte del tiro con l’arco richiede molta pazienza per essere appreso, così come una certa pazienza richiede la costruzione e la manutenzione delle frecce. Richiede inoltre molta forza per scoccare il tiro e per dare l’adeguata tensione alla corda che fornisce l’energia alla freccia.

L’arco è anche un elemento di architettura, un antichissimo metodo per costruire passaggi e finestre anche di grandi dimensioni all’interno di mura di pietra. È il passaggio attraverso la porta, è l’ingresso altrove, l’attesa per quel che troveremo dopo.

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Il passaggio, talvolta verso il mistero

L’arco rappresenta quindi sia l’evento improvviso, sia il passaggio. E infatti spesso nella vita gli eventi improvvisi sono una forma di passaggio. L’arco comporta anche il passaggio dalla tensione alla distensione, un prima e un dopo: l’atto di scoccare la freccia, e il volo della stessa, con la distensione di arco e arciere. Una volta scoccata la freccia, l’arciere non può far altro che osservarne il volo, e accettarne il risultato.

La freccia che penetra
Il simbolismo dell’amore, del sentimento e dell’infatuazione sessuale è quasi universalmente collegato all’arco, perché la freccia è un evidente simbolo maschile e perché la freccia colpisce all’improvviso. Anche la forza necessaria per tenderlo è maschile: più l’arco è potente, più forte deve essere l’arciere che lo tende. Anche se esistono donne molto forti, la forza delle braccia è in genere una caratteristica più maschile che femminile. Nell’Odissea l’arco di Ulisse, custodito ad Ithaca, è talmente forte che solo Ulisse era in grado di tenderlo.

Anche nella Bhagavad-Gita uno degli appellativi di Arjuna, grande guerriero e arciere ambidestro, è “guerriero dalle forti braccia”: le braccia necessarie per tendere l’arco.

L’arco che massaggia l’addome

Nella tradizione dello Yoga Dhanurasana, l’arco, è una delle posizioni più antiche. È infatti citato nella Hatha Yoga Pradipika, uno dei più antichi testi di Hatha Yoga, risalente al XV secolo.

Una particolarità di Dhanurasana è di essere un’estensione all’indietro in cui non si usa la forza dei muscoli dorsali. Infatti la posizione viene assunta spingendo verso l’alto le gambe, mentre si afferra il collo del piede con la mano corrispondente.

La posizione si effettua stando sul ventre. Quando si entra in posizione, il peso del corpo grava tutto sul ventre appoggiato a terra, massaggiando e tonificando l’intestino, il fegato e la milza. La pratica di Dhanurasana migliora le funzioni digestive e decongestiona la zona pelvica, con benefici per la salute femminile. Stimola la circolazione generale ed è una posizione tonificante che sviluppa energia. Ovviamente è controindicato in caso di gravidanza e la posizione va praticata lontano dai pasti.

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Dhanurasana, l'arco

È possibile praticare Dhanurasana in modo dinamico, dondolando avanti e indietro come un cavallo a dondolo. In questo modo il massaggio all’intestino è ancora più energico.

Tutti gli stili di yoga (o quasi)

Pubblicato il 24-01-2012 da Gianni Da Re Lombardi in Risorse utili, come scegliere uno stile di yoga Commenti/Lascia il tuo

Yoga Journal Usa ha pubblicato nel numero di Febbraio 2012  una doppia pagina in cui censisce ben 21 diversi stili di yoga (di alcuni di questi abbiamo già parlato, e trovate i link). Se hai segnalazioni e aggiunte scrivi nei commenti.

Ecco, in sintesi:

1. Acroyoga
Un misto di yoga e acrobazie. Alcune posizioni vengono eseguite con un compagno, allievo o insegnante, per creare confidenza e fiducia. Un punto di riferimento in Italia per l’acroyoga è qui.

2. Anusara Yoga
Anusara significa “fluire con grazia”. Si tratta di uno stile elaborato e messo a punto da John Friend. Altre informazioni qui.

3. Ashtanga Yoga
Il nome completo sarebbe Vinyasa Ashtanga Yoga. Sviluppato dal maestro indiano K. Pattabhi Jois, allievo diretto di Krishnamacharya, è uno stile molto energico e impegnativo. Si esegue sempre la stessa sequenza (con variazioni e adattamenti per i principianti). Quando è padroneggiata (dopo anni) si passa a una nuova sequenza. Altre informazioni e curiosità sull’Ashtanga yoga qui.

4. Baptiste Yoga
Lo stile elaborato dall’insegnante americano Baron Baptiste. Si pratica preferibilmente in stanze riscaldate. Contiene elementi e contaminazioni di Ashtanga Yoga, Power Yoga e altri stili.

5. Bikram Yoga
Lo stile elaborato dall’insegnante indiano trasferito negli Usa Bikram Choudhury. Bikram è stato il primo a teorizzare l’opportunità di praticare yoga in ambienti surriscaldati (le sale pratiche di Bikram Yoga possono arrivare a 40 gradi e il minimo consigliato è 30). Si pratica sempre la stessa sequenza, usando gli specchi alle pareti per correggersi. Altre informazioni, curiosità e considerazioni anche sulle polemiche che hanno riguardato il Bikram Yoga qui.

6. Hatha Yoga
È il nome tradizionale dello yoga descritto dalla Hatha Yoga Pradipika, testo fondamentale datato intorno al XV secolo. Si usa per definire lo yoga generico, senza particolari connotazioni, con attenzione all’allineamento e alla respirazione. Volendo essere rigorosi, quasi tutti gli stili qui descritti possono essere considerati Hatha Yoga.

7. Hot Yoga
Yoga praticato in ambienti riscaldati. Si tratta di un’interpretazione libera e concorrenziale del Bikram Yoga.

8. Integral Yoga
Stile di yoga fondato da Swami Satchidananda integrando asana, mantra, respirazione, meditazione e rilassamento profondo. In Europa con Yoga Integrale si possono intendere varianti di questo stile, oppure stili di yoga ispirati ad altri filosofi indiani.

9. Iyengar Yoga
Si tratta dello stile di Iyoga codificato ed elaborato da BKS Iyengar, allievo diretto di Krishnamacharya. La scuola di Iyengar è molto attenta al rigore della pratica e all’aggiornamento e la formazione degli insegnanti.

10. Jivamukti Yoga
Elaborato dai due insegnanti americani Sharon Gannon e David Life, prevede di praticare con accompagnamento musicale. Comprende asana impegnativi, mantra in sanscrito, filosofia indiana e propone alimentazione vegana.

11. Kripalu Yoga
Stile di yoga sviluppato presso il Kripalu Center nel Massachussetts basato sull’osservazione delle sensazioni del proprio corpo. Le sequenze vanno da dolce a intenso.

12. Kundalini Yoga
Stile di yoga reso popolare in occidente da Yogi Bhajan. Basato sulla filosofia tradizionale dello yoga.

13.  Stile di Mysore (Mysore Practice)
Variante dell’Ashtanga yoga come viene praticato a Mysore, in India. Ogni allievo pratica la sequenza standard secondo i suoi tempi. L’insegnante sorveglia la classe e offre consigli e aggiustamenti singolarmente a ciascun allievo secondo necessità.

14. Power Yoga
Variante dell’Ashtanga Yoga elaborata da Beryl Bender Birch. Poi ha preso piede come filone particolarmente energico dello yoga e come variante da palestra.

15. Prana Flow Yoga
Una specie di stile libero, con commistioni di arti marziali e danza.

16. Yoga antistress (Restorative Yoga)
Lezioni di Yoga in cui l’accento viene posto particolarmente sulla respirazione e il rilassamento. A termine lezione almeno 20 minuti di rilassamento profondo.

17. Sivananda Yoga
Pratica di tipo meditativo basata sugl insegnamenti di Swami Sivananda.

18. Viniyoga
Stile di yoga che enfatizza il movimento della spina dorsale e il coordinamento fra movimento e respiro.

19. Vinyasa Yoga
Vinyasa significa flusso, fluire. Si tratta di uno stile di yoga vario che prevede un flusso continuo di asana sincronizzati con la respirazione. Si praticano molti saluti al sole. Il termine vinyasa identifica anche una particolare microsequenza, il passaggio fluido dalla sbarra al cobra e infine al cane che guarda in basso. Si tratta di una microsequenza che viene praticata anche nell’Ashtanga Yoga fra una posizione e l’altra per tenere alto il metabolismo e l’impegno fisico.

20. Yin Yoga
Yin è il principio femminile, lunare e freddo della filosofia cinese. È uno stile di yoga che pone l’accento sulla durata della posa per migliorare la circolazione dell’energia vitale.

21. Yoga Terapia (Yoga Therapy)
Stile di yoga con finalità preventive e terapeutiche basato sugli insegnamenti di Krishnamacharya.

A questi vanno aggiunti:

22. Yoga Ratna
Lo stile di Yoga elaborato da Gabriella Cella Al Chamali. È uno

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