Desidero esprimere la mia solidarietà ai produttori dell'area storica di produzione del formaggio Bitto (Associazione Produttori Valli del Bitto-Presidio Slow Food ‘Bitto Valli del Bitto’) che continuano a produrre come un tempo un formaggio con secoli di storia senza utilizzare mangimi per l'alimentazione delle mucche, lavorando il latte immediatamente dopo la mungitura ed astenendosi dall'impiego di fermenti selezionati. Ritengo che rappresenti un'assurdità dannosa per l'immagine delle p...
Desidero esprimere la mia solidarietà ai produttori dell'area storica di produzione del formaggio Bitto (Associazione Produttori Valli del Bitto-Presidio Slow Food ‘Bitto Valli del Bitto’) che continuano a produrre come un tempo un formaggio con secoli di storia senza utilizzare mangimi per l'alimentazione delle mucche, lavorando il latte immediatamente dopo la mungitura ed astenendosi dall'impiego di fermenti selezionati. Ritengo che rappresenti un'assurdità dannosa per l'immagine delle produzioni tipiche regionali e nazionali, impedire loro, eredi delle innumerevoli generazioni di casari che hanno creato la reputazione di questo formaggio straordinario - in grado di invecchiare oltre 10 anni - di utilizzare la denominazione Bitto. Essi, infatti, sono stati costretti ad uscire dal Consorzio di tutela (CTCB) per motivi molto seri. Non è mai stato infatti concesso loro (come era previsto da accordi anche a livello istituzionale) di distinguere il Bitto prodotto negli alpeggi dell'area storica da quello prodotto in tutta la Provincia di Sondrio dopo che, con una decisione presa a tavolino, è stato concesso di produrre Bitto Dop anche dove esso non era mai stato prodotto in precedenza. La mancata distinzione delle due produzioni è risultata ancora più grave e non accettabile dai produttori storici dopo che, nonostante il loro totale dissenso, sono state approvate dalla Commissione Europea le modifiche del disciplinare di produzione che prevedono l'uso dell'aggiunta al latte di fermenti selezionati per ‘pilotare’ le fermentazioni casearie e degli alimenti concentrati (cereali, melasso e persino la soia, che è in larga misura geneticamente modificata) nell'alimentazione delle mucche. Chiedo pertanto che la Regione Lombardia si adoperi perché le ragioni della burocrazia non prevalgano su quelle del buon senso e della tutela di produzioni realmente tradizionali e rispettose dell'ambiente e che venga pertanto superata una situazione paradossale nella quale chi produce un prodotto a denominazione di origine nell'area di origine effettiva, e secondo i metodi tradizionali e costanti nel tempo, viene considerato fuorilegge e passibile di sanzioni.
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