HOME | BIOGRAFIA | IMMAGINI | SEZIONI | SCRIVIMI



Il migliore dei padri

Ravera | Lavori in corso | 7 Febbraio 2012 | 372 letture

ieri sera è morto mio padre. Io non c’ero. Come sempre. Non ci sono mai. Mi ha telefonato Floricica, che da nove anni lo cura e lo ama. Ero a Milano, io. Avevo presentato un mio libro. C’erano anche i miei figli, il maschio, che abita per ora lì. La femmina, che abita in Texas ma passava per Milano. E mimmo, il mio compagno di sempre. Ero con loro. Ero con alcuni amici, che l ‘editore di quel libro, aveva invitato per me. Mio padre stava benissimo. A mezzogiorno mi aveva telefonato per farmi gli auguri. Capitava che fosse il mio compleanno, le disgrazie non vengono mai sole. C’era, era vivo, mio padre. E poi, all’improvviso, non c’era più. L’ho visto sta mattina, tornata in affanno a Roma. L’ho guardato. Con il vestito da sposo e il profilo di cera. Ha il naso come il mio. Cioè: io ho il naso come il suo. Brutto. Il brutto naso delle barzellette sugli ebrei. Eppure era un bel vecchio,magro e rastremato, con grandi occhi gialli, la barba a pizzetto e un pomo d’adamo acuminato, che danzava deglutendo saliva. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo, guardandolo, a trovare nessun cattivo ricordo. Era un uomo di una bontà assoluta, totale. Un’idiota. Un non attrezzato per la vita. Non ricordo un solo momento in cui abbia fatto pesare su di me, bambina o ragazza, qualche sua fatica di adulto, qualche suo malumore. E adesso, che sono quasi vecchia anch’io, so quanto costa, censurarsi con i figli, per non appesantire le loro dissennate allegrie. Per preservare la leggerezza dei principianti dalla fatica della vita vissuta. L’unico ricordo che ritorna ossessivamente è uno dei primi, vivido per averne ascoltato il racconto. Quando avevo quattro anni , un giorno,nessuno riusciva a trovarmi, in tutta la casa. Ero, e lo scoprirono per caso, chiusa nell’armadio a muro della camera da letto matrimoniale, abbracciata alle sue giacche. Le annusavo estatica. In attesa che tornasse dall’ufficio. Io lo so, che a 92 anni, quasi 93, è naturale morire. Ma non so darmene pace.

Commenti (19)

All’alba, dopo un giorno di neve.

Ravera | Lavori in corso | 4 Febbraio 2012 | 327 letture

Qui, nella torre di vetro in cui lavoro, ieri, pareva di essere in una di quelle bocce trasparenti , che se le scuoti si animano di fiocchi bianchi. Il silenzio della neve c’è anche oggi. Ancora. Uno spessore vellutato sulle tegole, al di là delle enormi finestre ( questa casa non ha muri, è tutta affacciata).
E naturalmente i disagi. La città martoriata. La gente congelata nelle macchine. Il fiume lento del traffico pietrificato. Ansia, fatica. E il disprezzo crescente degli italiani per l’Italia: una nevicata e la città si ferma. Le strade ti espellono. I più fortunati restano a casa. E gli altri?
Eppure la neve comunica quell’irragionevole senso di buono. Un transitorio candore. Zucchero, cuscino, nastro.
Mi colpisce come un pugno una notizia: un uomo di 26 anni, questa mattina, all’alba, ha gettato nel Tevere, gelido limaccioso ribollente, un fagottino. Dentro c’era suo figlio. 13 mesi. Un piccolo corpo caldo nel freddo del mattino, dopo una notte di neve. Ucciso. Affogato. Motivo: aveva litigato con la sua compagna. Voleva farle male. E’ intollerabile, la violenza contro le donne. Intollerabile.

Commenti (24)

per il piacere di incontrare fisicamente almeno qualcuno di voi

Ravera | Lavori in corso | 31 Gennaio 2012 | 355 letture

…ecco, l’ho fatto. Ho postato l’invito. Come tutti i piazzisti-scrittori. Il libro di cui chiacchiero l’ho scritto nel 1986, cioè nel secolo scorso. Ha rivisto le librerie in questi giorni. E’ un buffo libretto. Molto diverso da tutti gli altri miei. E forse, in qualche sottotesto, simile… Nelle intenzioni d’epoca era un romanzo per signorine.
Ma dato che le signorine non esistono più…

Leggi tutto
Commenti (9)

La sera, dopo una giornata fredda

Ravera | Lavori in corso | 27 Gennaio 2012 | 288 letture

Un centinaio di donne. Un freddo bestiale. La fiaccole sporcavano i guanti di cera. Una cassetta di legno come palco. Un megafono al posto del microfono. Niente musica. La piazza sembrava così grande, così vuota. Sei poliziotti che scherzavano fra loro. Poche parole, nel megafono. Poche ragazze a parlare.
Tutte un po’ preparate, tutto un po’ congelate.
E la lettura del testo della ragazza morta assassinata. Che scriveva come se sapesse, e, nello stesso tempo, non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe accaduto davvero, e a lei, e per mano del suo ragazzo. Chi sa immaginare la propria morte? E’ impossibile anche da vecchi, anche da malati terminali…La vita, sembra sempre che non debba finire mai. Eppure, mantenerla, farla crescere, farla pulsare, darle un senso, un valore…è sempre più difficile. Sei lì, in una piazza sguarnita, in una notte fredda,poi sei casa, e cucini un risotto coi funghi secchi che erano lì perchè mica ci hai pensato a fare la spesa, e poi mangi con lui e poi crolli e per una sera non ti va di uscire e guardi un magnifico filmone di Otto Preminger su sky…mentre lui russa mansueto sul divano color ruggine del tuo studio…e poi sei a letto, dopo aver rispedito lui a casa sua al di là del pianerottolo, e non vuoi mollare la giornata anche se è quasi l’una e allora leggi il bellissimo romanzo di uno scrittore russo nato nel 1980 , Nicolai Lilin, e pensi…che forse il senso è nascosto lì, nell’incontro casuale con l’intelligenza degli altri…nelle manifestazioni senza seguito, senza rilievo, senza riflettori accesi…nel risotto dell’ultimo minuto…nella voglia che ti prende, nonostante tutto, di non dormire ancora, di non passare ancora all’indomani…

Commenti (6)

Fiaccole per un lutto di festa

Ravera | Lavori in corso | 26 Gennaio 2012 | 259 letture

Fra due ore, a Roma, a Piazza ss. Apostoli saremo in tante. E’ un pomeriggio freddo e azzurro. Alle sette sarà buio, accenderemo le nostre fiaccole. Per ricordare Stefania Noce, 24 anni, femminista. Uccisa dal suo fidanzato studente psicologo. Che non voleva essere lasciato. E’ piantata maledettamente profonda, la radice della violenza maschile contro il corpo e l’anima delle donne. Non è follia, non è eccezione. Certo, lo è anche, eccezione, ma più importante è giardare la regola deviata che ci sta dietro. La regola: noi siamo funzioni del loro desiderio.
Noi non siamo persone, non lo siamo ancora, non lo siamo nitidamente. Non abbastanza. Ha scritto Stefania prima di morire: “Queste righe sono per le donne che non hanno ancora smesso di lottare. Per chi crede che c’è ancora altro da cambiare, che le conquiste non siano state sufficienti, ma le dedico soprattutto a quelle che si sono arrese e a quelle convinte di potersi accontentare. A coloro i quali pensano ancora che il “femminismo” sia l’estremo opposto del “maschilismo”: non risulta da nessuna parte che quest’ultimo sia mai stato un movimento culturale, nè, tantomeno, una forma di emancipazione”. E’ vero. Il maschilismo è un comportamento deviante, una visione del mondo distorta, una patologia, una miopia, un’ ignoranza…ma ha radici lontane, diffuse, intrecciate alla cultura dominante. E’ l’effetto di quella pretesa universalità, che non riconosce due soggetti, che non accetta la parzialità maschile, non la approfondisce, non la studia. Come noi abbiamo fatto con la nostra, con la parzialità femminile. Unendoci, riflettendo, scavando, imparando. Quando incomincerete a smarcarvi dai violenti dai vigliacchi e dagli stupidi, amici maschi? Quante altre ragazze devono morire, prima che un uomo impari ad accettare un “no”? Perchè la fine di un amore per le donne è dolore e per gli uomini rabbia?
Saremo tante, questa sera, a tacere, ma anche a parlare. In lutto e in festa. Perchè la riscossa è incominciata. Qualche cosa dovrà cambiare. Finalmente.

Commenti (10)

Caro Ferruccio…

Ravera | Lavori in corso | 22 Gennaio 2012 | 360 letture

Un certo Ferruccio mi ha chiesto, con molta dolcezza, perchè non alimento più questo blog. Ha formulato l’ipotesi che fossi persa in altre imprese. E’ un po’ vero, visto che mi mantengo scrivendo. Ma non è il motivo principale.
Certo c’è il romanzo che mi inchioda ad un alto tasso di insoddisfazione, certo sto scrivendo un libro-dialogo con Nichi Vendola, il che è affascinante ma non facile, nè agevole. Certo, ci sono i pezzi per Il Fatto quotidiano, disciplina trisettimanale… Eppure il motivo è un altro: io non ci riesco proprio, in questo spazio, a non essere sincera. Per me, che sono cresciuta scrivendo su un quaderno, mettere un diario in rete, è comunque, innanzitutto, scrivere un diario. Cioè accettare, affrontare, scegliere, la dimensione di una spietata sincerità. Cose che penso. Cose che mi accadono. Cose che immagino. Cose di cui ho paura. Cose che spero. E’ una scrittura privata, il diario. Magari, da ragazzina, lo lasciavo aperto sul letto sperando che qualcuno lo leggesse, e vedesse quanto era delicata la mia anima o suggestiva la mia malinconia…Ma, in sostanza, il diario era un rimedio segreto, una gioia intima, un fare i conti con me stessa. In rete, invece, il diario è pubblico. Chiunque può leggere quello che scrivi. Allora devi pesare le parole. E quando i dubbi travolgono le certezze, ti chiedi quale beneficio può trarre “il lettore” dall’esibizione del testo. Potrei postare qui i moltissimi articoli che tiro giù per questo o quel giornale. Potrei raccontare che il 25 sarà in libreria un romanzo che ho scritto nel 1986 e che la casa editrice Et-al ha ripubblicato. Potrei dire che lo presenterò il primo febbraio a Roma e il sei febbraio a Milano… potrei dire che è il primo di due rosa-pulp per ragazzine, in cui mi sono divertita a re-inventare nel presente le “Piccole donne” della Alcott… potrei fare, cioè, un uso promozionale di questo luogo… quasi tutti gli scrittori lo fanno… Però a me non piace tanto. La tentazione vera, per me, è sempre quella di condividere, con chi passa di qui, qualcosa di intimo, pensieri primitivi, ragionamenti da sviluppare, ricerche di senso, cattivi umori, dettagli, microscopiche felicità, momenti di essere. Insomma, il sommesso rumore della vita, con tutte le sue inevitabili dissonanze. Non sempre trovo il coraggio, l’allegria, la voglia. Così passano settimane. Caro Ferruccio… Oggi, per esempio, sono stata tutto il giorno chiusa in un albergo di Roma, ad ascoltare uomini e donne, che dicevano cose “di sinistra”( ecologia e libertà). Negli intervalli, andavo al banchetto di “Se non ora quando” a vendere magliette per pagare i debiti ( La manifestazioni dell’ 11 dicembre è costata un botto) con Luisa, Roberta, Francesca, Rita… Oggi è stata una giornata quasi buona, o almeno così mi pare. C’era questa sala piena. E tutti battevano le mani nei momenti in cui anche a me, veniva voglia di battere le mani. Ho sentito circolare un po’ di appartenenza residuale, il nucleo di un possibile “noi”…Noi, il mio pronome preferito…

Commenti (17)
Pagina successiva »
gipoco.com is neither affiliated with the authors of this page nor responsible for its contents. This is a safe-cache copy of the original web site.