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Wundergammer Operative Program – W.O.P.

“Il pensatore somiglia molto al disegnatore che vuol riprodurre nel disegno tutte le connessioni possibili.” (Ludwig Wittgenstein)

1)Nel fondare la rivista online di critica del videogame “Wundergammer” ci è parso utile elaborare uno schema programmatico relativo al nostro modo di operare l’analisi del medium: il Programma Operativo Wundergammer (W.O.P.). Si tratta di considerazioni, a nostro avviso, piuttosto scontate e pertanto, si spera, ampiamente condivisibili all’interno della scena critica del mezzo. Ad ogni modo, abbiamo deciso di indicarle per esteso in questa fase storica ancora incerta nella definizione di uno standard condiviso.

2)Videogioco è ogni costrutto informatico che si presta ad una interazione ludica – ovvero non motivata da ragioni di utilità – con l’operatore umano, indipendentemente dall’adozione prevalente o unica del sistema visuale (come il fumetto, ad esempio, può prescindere dal balloon che in italiano gli dà il nome): Hammurabi è un videogioco anche se l’output è cartaceo.

3)La parziale imprecisione del termine “videogame” o “videogioco”, indeterminatezza che fa parte della natura stessa del fatto linguistico (i pomodori non sono d’oro, e così via), non deve però essere un presupposto per il suo abbandono in virtù di un nuovo nome idealistico da esperanto politicamente corretto: lo stratificarsi del termine “videogioco” risponde ad una preminenza nel medium (simile all’uso del balloon nel fumetto) e ad un valore archetipo evocativo ormai acquisito, e che sarebbe errato abbandonare. Termini come “interactive fiction” e così via possono, all’occasione, essere strumenti utili di definizione, ma non definitivi (“arte sequenziale” è una definizione utile per indagare il fumetto, ma non ha senso che sostituisca “comics”).

4)Forma d’arte è qualsiasi opera artificiale sensibile di giudizio estetico. È pertanto scontato che il videogioco sia una forma d’arte, in modo autonomo e a pieno titolo.

5)Soggetta al giudizio estetico, in una concezione autenticamente liberale l’opera d’arte (e dunque anche il videogioco) è sostanzialmente svincolata dal giudizio etico. Sono ammissibili (ma poco ci interessano) selezioni legate all’età (non si proietta “Salò” di Pasolini in una seconda elementare), nonché limitazioni inerenti alla sfera dell’autodelimitazione delle libertà.

6)Parimenti, è da considerarsi svincolato da implicazioni etiche il fruitore del medium il quale non è tenuto ad alcun obbligo etico-intellettuale nei confronti dello stesso. In pratica, è legittimamente arte del videogame (and videogamer) un titolo hardcore, un indipendent sperimentale, un applicazione di facebook; uno shoot’em up, un beat’em up ed un adventure (e le innumerevoli altre combinazioni e casistiche, ovviamente).

7)Arte fra le arti, il videogioco possiede logicamente un suo specifico linguaggio espressivo, che non può essere semplicemente ricondotto alle forme artistiche precedenti.

8)Per tale ovvia ragione, il videogioco è oggetto degno di studio critico, adottando tutti i mezzi speculativi possibili (approccio antropologico, filosofico, storico e così via) al suo linguaggio specifico e alla sua particolare componente tecnica.

9)Nella fattispecie, riteniamo lo studio critico del videogame di particolare interesse, sia per il rilievo del fenomeno videoludico all’interno della moderna società dei servizi e dell’informazione nata con la Terza Rivoluzione Industriale degli anni ’70; sia per il crescente peso che l’informatizzazione – e il videogame come forma principe della sua decifrazione artistica – assumeranno presumibilmente negli anni a venire; sia per la relativa penuria di analisi critica inerente il videogame in proporzione alla sua grande rilevanza sociale ed artistica.

10)A tale scopo abbiamo formato la redazione di Wundergammer come gruppo eterogeneo volto a coinvolgere uno spettro il più ampio possibile dei campi del sapere per impegnarli nello studio critico del videogame come nuovo medium prevalente dell’era presente e futura. Poiché su ciò di cui non si può scrivere, bisogna giocare.

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