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Ricerca Personalizzata: What You See Is What You Want

  • 1
  • 24feb

Posizione Highlight, Web Marketing

Tag Google, privacy, ricerca personalizzata

Un recente studio di Ask Your Target Market ha evidenziato come la progressiva personalizzazione del SERP di Google in base alle singole attività di social networking e di utilizzo dei prodotti di Google non ottenga il favore del campione di utenti statunitensi intervistati.

Una minoranza (15.5%) sostiene di apprezzare la ricerca personalizzata. Ma una chiara maggioranza (il restante 84.5%) esprime perplessità o ostilità verso l’idea.

Nella stessa maggioranza, il 45% sostiene che i risultati personalizzati dovrebbero essere eliminati del tutto, anche per motivi di privacy – tematica che solleva sempre maggiori criticità e non soltanto per Google.

Pur considerando la ritrosia di qualsiasi utenza alle novità non richieste e che il numero dei “no” alla ricerca personalizzata avrebbe forse potuto ridursi se al campione venisse fatto presente che, per esempio, gli scopi della ricerca in ambito sportivo sono molto diversi tra Europa e Stati Uniti, resta certo che il pubblico sembra soffrire l’intrusione di Google in particolare per motivi di privacy nella “storia on line” di ognuno di noi (il 39% esprime preoccupazioni in tal senso).

Proviamo a guardare alla faccenda, poi, dal punto di vista di ottimizzazione della ricerca: il fatto che ognuno veda risultati diversi in base alla propria storia di navigazione, e addirittura al computer utilizzato, a intuito potrebbe significare la fine del SEO.

Invece, e quasi paradossalmente, significa la sua esaltazione, certo in senso più “social” e diversificato, ma pur sempre a suo vantaggio.

Vediamo perché.

Nel febbraio del 2011 Google lancia l’aggiornamento “Panda” del suo algoritmo: di fatto, una vera macchina da guerra verso lo spamming. Altra necessità di primo piano restava inoltre rispondere in modo adeguato alla sempre più minacciosa presenza di competitor che accusavano Google di non saper distinguere le tecniche spamming e “black hat” di tanti specialisti SEO, i quali ottenevano ottimi risultati di indicizzazione proprio con quelle tecniche.

Con Panda, il gigante della ricerca ha asserito la volontà di richiamarsi al suo scopo originale nella natural search, ovvero quello di cercare di rispondere esattamente alle esigenze della ricerca dell’utente più che a quelle di chi vuole essere trovato. E l’esigenza dell’utente, i suoi interessi, le sue intenzioni e le sue propensioni sono espresse sempre più dalle attività di social networking e, più in generale, da ogni sua attività on line.

Il vero algoritmo antispam di Google, oggi, vuole essere l’utente stesso.

Ergo, le attività SEO devono essere pensate per una vera ottimizzazione più che per ingannare il motore di ricerca per il modo in cui esso funziona.

Sei un’autorità in qualche campo?

Il tuo brand è un’autorità in qualche campo?

Questo è il momento di cominciare a creare contenuto, curarlo, e costruire il tuo seguito. Se hai successo per i tuoi contenuti, i tuoi risultati di indicizzazione potrebbero essere i migliori di sempre, e questo è lo scopo delle attività di SEO (Search Engine Optimization). Di fatto, si tratta di una evoluzione del link building: che cos’era quello. se non un modo per stabilire la tua autorità nel World Wide Web?

Se al campione intervistato fosse stato chiesto se avrebbe apprezzato essere considerato il centro dell’attenzione del motore di ricerca, allora forse i risultati della ricerca di Ask Your Target Market sarebbero stati più generosi nei confronti della ricerca personalizzata.

Autore:
Teresa Turano spacer

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Un Commento

  • Giacomo Sorbi feb 24, 2012 Rispondi
    spacer

    E intanto pare che siano loro stessi a violare le loro regole, Panda o meno che sia spacer :

    searchengineland.com/googles-jaw-dropping-sponsored-post-campaign-for-chrome-106348

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