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    Il risarcimento del danno per invalidita' permanente del figlio minore disoccupato
    2012-03-14 - Pdf - Articolo successivo - Stampa

    Cassazione, sez. III, 6 marzo 2012, n. 3447
    In tema di determinazione del reddito da considerare ai fini del risarcim ento del danno per invalidita' permanente, l'art. 4 del D.L. n. 857 del 1976, convertito in legge n. 39 del 1977 - dopo aver indicato (primo comma) i criteri da adottarsi con riguardo ai casi di lavoro, rispettivamente, autonomo e subordinato - , allorche' stabilisce (terzo comma) che "in tutti gli altri casi" il reddito da considerare ai suddetti fini non puo' essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale, ricomprende in tale ultima previsione non solo l'ipotesi in cui l'invalidita' permanente ed il conseguente danno futuro siano stati riportati da soggetti che non siano lavoratori autonomi o dipendenti, ma anche quella, piu' generale, in cui il danno futuro incida su soggetti attualmente privi di reddito, ma potenzialmente idonei a produr lo (Cass., 26 settembre 2000, n. 12764). Fonte: Cassazione



    (


    (Pres. Petti  –   Rel. D’amico)       
      Svolgimento del processo 
     Tizia, in qualita' di trasportata e i coniugi Gi..Pi. e G..D.P. nella qualita' di genitori esercenti la potesta'  sulla figlia minore Pi.Fa. , conducente di un ciclomotore, nonche' Pi.Gi. in proprio, quale proprietario dello  stesso ciclomotore, convennero in giudizio la Nuova Tirrena Assicurazioni s.p.a. e Z.A. al fine di ottenere il   risarcimento sia dei danni alla persona in favore della conducente, sia dei danni subiti dalla terza  trasportata, sia dei danni al mezzo.

        Il Tribunale di Enna accoglieva la richiesta di risarcimento danni da sinistro stradale proposta da Gi..Pi. in  proprio e nella qualita' di genitore esercente la potesta' unitamente a D.P.G. , anch'essa attrice, della minore  Pi.Fa. , nonche' la richiesta risarcitoria, per i medesimi fatti, di Tizia , richieste operate contro Z.A. e la  Nuova Tirrena Assicurazioni s.p.a.  Condannava questi ultimi convenuti in solido, al pagamento in favore di  Tizia della somma di Euro 103.740,57, oltre accessori e della somma di Euro 1.494,12 in favore di Fa..Pi., oltre accessori. Condannava altresi' i genitori esercenti la potesta' sulla  minore Fa..Pi. e la societa'  assicuratrice Universo Assicurazioni al pagamento in favore di A..Z. della somma di Euro 70,28.

        Il suddetto Tribunale, applicando il principio di cui all'art. 2054, 2 comma, c.c., riteneva la presunzione di  responsabilita' di  entrambi i veicoli coinvolti e poiche' la richiesta di risarcimento della P. era stata indirizzata  solo nei confronti dello Z. e della sua societa' assicuratrice (Nuova Tirrena Assicurazioni), in virtu' del  principio di responsabilita' solidale tra coobbligati , condannava questi ultimi al pagamento dell'intero danno  risarcibile nei confronti della P. , mentre liquidava al cinquanta per cento il risarcimento chiesto da F..P. ,  corresponsabile nella verificazione dell'evento dannoso, ulteriormente ridotto di un a ltro cinquanta per  cento per il concorso di colpa di quest'ultima che non indossava il casco al momento dell'incidente.

        Proponeva appello D.M..P. chiedendo la maggiore liquidazione dei danni, ivi compreso il danno  esistenziale.       La Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Enna, determinava il danno subito da  P.D.M. in Euro 86.497,76, oltre interessi.

        Condannava la predetta P. a restituire alla C.S.T. s.p.a., gia' Nuova Tirrena Assicurazioni s.p.a., la maggiore  somma ricevuta  in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre accessori.      
    In accoglimento della domanda di regresso, proposta dalla C.S.T. nei confronti degli altri coautori del  danno, condannava Pi.Fa. , Gi..Pi. e la Universo Assicurazioni s.p.a. al pagamento della   meta' della somma  suddetta, comprensiva di interessi legali in favore della suddetta C.S.T..      
    Propone ricorso per cassazioneTiziacon sei motivi.     
     Resiste con controricorso Groupama Assicurazioni s.p.a., gia' Nuova Tirrena s.p.a..   
     Motivi della decisione   
     Con il primo motivo del ricorso Tizia denuncia “insufficiente e contraddittoria motivazione della  sentenza con conseguente violazione dell'art. 360 n. 5, c.p.c. e dell'art. 115 comma 1 c.p.c. in riferimento  alla dinamica del sinistro”.     
     Secondo parte ricorrente l'impugnata sentenza ha erroneamente ricostruito la dinamica del sinistro ed e'  affetta da vizi logici, specie nella parte ove afferma la responsabilita' del terzo trasportato.

        Il motivo deve essere rigettato.    
      Esso propone infatti una diversa ricostruzione della dinamica del sinistro e si incentra quindi su profili di  merito.      
    In particolare lamenta difetti di motivazione solo perche' il Giudice ha deciso la controversia in modo  difforme rispetto alle aspettative della ricorrente.

        Si deve peraltro rilevare che qualora la messa in circolazione dell'autoveicolo in condizioni di insicurezza (e  tale e' la circolazione di un ciclomotore con a bordo due persone in violazione dell'articolo 170 del codice  della strada), sia ricollegabile all'azione o omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente  (che prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformita' delle normali  norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si e' formato il consenso alla circolazio ne medesima con  consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell'altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto, in caso di eventi dannosi si verifica un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioe' di  cooperazione nell'azione produttiva dell'evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano  autonomamente nella produzione dell'evento) (Cass., 22 maggio 2006, n. 11947).      
    Nel caso in esame e' da ritenere giustificata l'attribuzione della responsabilita' alla trasportat a sia per le  ragioni di cui sopra, sia in quanto la stessa non indossava il casco protettivo.      
    Con il secondo motivo si denuncia: “Omessa pronuncia in ordine al motivo di gravame relativo al quantum  del danno morale con conseguente violazione dell'art. 360 n. 4 c.p.c. e dell'art. 112 dello stesso codice di  rito”.

        Secondo parte ricorrente la Corte ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di rideterminazione del danno  morale in misura di un mezzo del danno biologico anziche' in misura di un quarto come stabilito dal  Tribunale.

        Il motivo e' inammissibile in quanto si denuncia omessa pronuncia mentre la Corte si e' pronunciata sul  punto confermando la liquidazione operata dal giudice di primo grado. Piuttosto si sarebbe dovuto  denunciare violazione di legge.

        Con il terzo motivo si denuncia “Omessa pronuncia in ordine all'errato calcolo degli interessi e della  rivalutazione monetaria con conseguente violazione dell'art. 360 n. 4 c.p.c. e dell'art. 112 dello stesso  codice di rito”.      
    Sostiene parte ricorrente di aver fatto rilevare che il Tribunale aveva errato nella determinazione della  misura degli interessi legali e della rivalutazione monetaria dovuti dalla societa' assicuratrice. Per tale  ragione la P. aveva chiesto alla Corte d'Appello di riformare la sent enza di primo grado e di liquidare gli  interessi legali e la rivalutazione monetaria nella misura dovuta. Poiche' la Corte d'appello ha omesso di  pronunciarsi in ordine a tale domanda, si afferma, ricorre un error in procedendo con conseguente  violazione dell'art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione all'art. 112 c.p.c..     
     Il motivo deve ritenersi infondato.     
     L'impugnata sentenza affronta infatti il tema degli interessi e della rivalutazione attenendosi ai criteri  stabiliti dalle sezioni unite di questa Corte nella  pronuncia n. 1712/1995 la quale ha statuito che la somma  dovuta va devalutata alla data dell'evento e rivalutata anno per anno sino al soddisfo, calcolandosi sulla  stessa gli interessi, anno per anno.      
    Per il danno patrimoniale la Corte d'Appello ha stab ilito che vanno calcolati gli interessi legali e la  rivalutazione monetaria dal 1996 al soddisfo.

        Con il quarto motivo parte ricorrente lamenta “Omessa o insufficiente e/o contraddittoria valutazione  delle risultanze processuali con conseguente violazion e dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., dell'art. 115 comma 1  c.p.c. e del comma 3 dell'art. 4 della legge n. 39 del 1977 tenuto conto che non e' stato preso in  considerazione il contenuto delle due CC.TT.UU. medico legali laddove si afferma che il grado di inval idita'  permanente ha inciso ai fini dell'attivita' lavorativa”.    
      Parte ricorrente critica la Corte d'Appello per aver rigettato la domanda relativa al risarcimento per la  diminuzione dell'attivita' lavorativa futura subita in seguito all'invalidita' permanente e sostiene che detta  Corte ha errato nel ritenere la domanda non provata.    
      In particolare, prosegue la P. , se la Corte avesse preso in considerazione il contenuto delle due cc.tt.uu.medico legali avrebbe dovuto liquidare anche il danno patrimoniale da  invalidita' permanente relativo  all'attivita' lavorativa futura anche applicando il parametro di cui al comma 3 dell'art. 4 della l. n. 39 del  1977.

        Il motivo deve essere accolto.

        In tema di determinazione del reddito da considerare ai fini del risarcim ento del danno per invalidita'  permanente, l'art. 4 del D.L. n. 857 del 1976, convertito in legge n. 39 del 1977  -   dopo aver indicato (primo  comma) i criteri da adottarsi con riguardo ai casi di lavoro, rispettivamente, autonomo e subordinato - ,  allorche' stabilisce (terzo comma) che "in tutti gli altri casi" il reddito da considerare ai suddetti fini non puo'  essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale, ricomprende in tale ultima  previsione non solo l'ipotesi in cui l'invalidita' permanente ed il conseguente danno futuro siano stati  riportati da soggetti che non siano lavoratori autonomi o dipendenti, ma anche quella, piu' generale, in cui il  danno futuro incida su soggetti attualmente privi di reddito, ma potenzialmente idonei a produr lo (Cass., 26  settembre 2000, n. 12764).

        L’impugnata sentenza non ha motivato in ordine all'esclusione del risarcimento del danno futuro, ne' ha  tenuto conto delle consulenze tecniche del Dott. F. , secondo la quale la danneggiata ha riportato un grado  di   invalidita' permanente, sotto l'aspetto lavorativo, nella misura del 50% e del Dott. R. secondo la quale  appare indubitabile un riverbero di grado lieve del complesso invalidante sulle capacita' attitudinali della  danneggiata.

        Con il quinto motivo si denuncia “Insufficiente motivazione rispetto alle doglianze mosse nell'atto d'appello  avverso le CC.TT.UU. medico legali con conseguente violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. e dell'art. 132 comma  2 n. 4 c.p.c.”.

        Sostiene parte ricorrente che la Corte d'Appello non ha adeguatamente motivato la risposta alle doglianze  mosse alla sentenza di primo grado, fornendo una motivazione generica e superficiale.


        Il giudice di merito, prosegue parte ricorrente, nonostante i rilievi mossi nell'atto d'appello da parte del la P.

    in ordine al contenuto delle due cc.tt.uu., ha espresso una motivazione insufficiente e non ha esaminato i  rilievi mossi alle stesse cc.tt.uu..    
     
    La Corte di merito, secondo la P. , avrebbe dovuto fornire idonea motivazione soprattutto in ordine alla   mancata applicazione delle tabelle medico legali richiamate dalla stessa ricorrente, considerato che nei casi  di "disturbo post traumatico grave" e' previsto un grado di invalidita' compreso fra il 30% ed il 60%.      
    Il motivo deve essere accolto.

        L'impugnata sentenza infatti non ha adeguatamente motivato in ordine ai rilievi mossi nell'atto di appello  da parte della P. sul contenuto delle due cc.tt.uu., non ha indicato quale tabella medico-legale sia stata  applicata in relazione alla patologia riscontrata, non ha disposto il rinnovo delle stesse cc.tt.uu. nonostante  queste ultime fossero in parziale contraddizione.      
    La Corte non indica inoltre le ragioni della riduzione dal 60% al 26% della percentuale di invalidita'.      
    Con il sesto ed ultimo motivo parte ricorrente denuncia “Insufficiente motivazione e violazione o falsa  applicazione di norme di diritto con conseguente violazione dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., 132 n. 4 c.p.c. ed art.118 disp. att. c.p.c.”.

        L'accoglimento del quarto e del quinto motivo com porta l'assorbimento del sesto.

        In conclusione, devono essere accolti il quarto e quinto motivo del ricorso, assorbito il sesto, rigettati gli  altri con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvio alla Corte  d'Appello di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.           P.Q.M. 

             La Corte accoglie il quarto e quinto motivo del ricorso; dichiara assorbito il sesto; rigetta gli altri, con  conseguente cassazione dell'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvio alla Corte d'Appello  di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.        










    2012-03-14 Chi: Spataro Fonte: Cassazione
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    Cassazione, sez. III, 6 marzo 2012, n. 3447
    In tema di determinazione del reddito da considerare ai fini del risarcim ento del danno per invalidita' permanente, l'art. 4 del D.L. n. 857 del 1976, convertito in legge n. 39 del 1977 - dopo aver indicato (primo comma) i criteri da adottarsi con riguardo ai casi di lavoro, rispettivamente, autonomo e subordinato - , allorche' stabilisce (terzo comma) che "in tutti gli altri casi" il reddito da considerare ai suddetti fini non puo' essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale, ricomprende in tale ultima previsione non solo l'ipotesi in cui l'invalidita' permanente ed il conseguente danno futuro siano stati riportati da soggetti che non siano lavoratori autonomi o dipendenti, ma anche quella, piu' generale, in cui il danno futuro incida su soggetti attualmente privi di reddito, ma potenzialmente idonei a produr lo (Cass., 26 settembre 2000, n. 12764).

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