Chi sono

Avevo sedici anni e vivevo in Basilicata, a Potenza, una città di quarantamila abitanti, aggrappata alla montagna e abitata da funzionari e impiegati locali e di tutta Italia che lavoravano negli uffici del capoluogo lucano: comune, provincia, uffici giudiziari e così via.
Mio padre era uno di questi: giudice istruttore al Tribunale, iscritto dal 1926 al Partito Comunista Italiano, trattato male prima dal regime fascista, poi dalla classe dirigente centrista nell'Italia repubblicana. Studiavo al Liceo "Quinto Orazio Flacco" ed ero uno studente appassionato di Letteratura, di Filosofia e di Storia. Mio padre portava a casa tre quotidiani: il Mattino, l'Unità e l'Avanti! e mi parlava della politica nazionale e internazionale di quegli anni. Mi appassionai a quei problemi e quando Adriano Olivetti venne nella regione, impiantò il movimento di Comunità e incominciò a pubblicare a Matera (l'altro capoluogo lucano) il settimanale Basilicata diretto da Leonardo Sacco e Peppino Ciranna, incominciai a collaborare. Attraverso Ciranna, conobbi Nord e Sud di Francesco Compagna, Vittorio de Caprariis e Peppino Galasso e poco dopo ne divenni nel I958 collaboratore, come sarei diventato di lì a poco un articolista de Il Mondo di Mario Pannunzio.
La posizione di Basilicata e dei miei amici di quel periodo, tutti più grandi di me e con una lunga esperienza politico-culturale, era quella di una democrazia sociale moderna, con una forte vicinanza alla tradizione democratica meridionale e alla parte migliore del liberalismo italiano, quella che negli anni tra le due guerre aveva scelto il movimento repubblicano e "Giustizia e Libertà" di Carlo Rosselli e il Partito d'Azione di Parri, La Malfa, Codignola, De Martino.

Mio padre, comunista togliattiano, mi criticava sia pure in maniera benevola e mi chiamava "viso pallido", pur riconoscendo nella mia una posizione della sinistra italiana con la quale fare i conti.
Su Basilicata scrissi articoli sulla politica italiana e meridionale (centrale era il problema, ahimé irrisolto, sviluppo del Mezzogiorno e delle insufficienze delle classi dirigenti meridionali) che negli anni successivi avrei ripreso e allargato su Nord e Sud (che fu per me la scuola fondamentale in politica) e sul Mondo. Ma la mia non era una posizione di partito (il Partito d'Azione non esisteva più, i repubblicani mi parevano a volte troppo moderati e atlantisti, i socialisti troppo legati ai comunisti) sicché potevo partecipare idealmente, e da giovanissimo, alla battaglia di Rocco Scotellaro (del quale avevo letto tutto e parlato con i suoi amici più cari) per i contadini meridionali, a quella di Manlio Rossi Doria e di Carlo Levi, che erano stati i suoi maestri, alla critica condotta dai comunisti alle lacune e alle insufficienze della riforma agraria e della Cassa del Mezzogiorno.
L'anno dopo, il 1955, conobbi a Potenza un giovane dirigente comunista di cui divenni amico, Pietro Valenza, che contribuì a farmi conoscere meglio le pubblicazioni legate al PCI, in particolare Rinascita. Ma rimasi deluso per l'opposizione, a mio avviso, eccessiva alla svolta del PSI e alla battaglia che di quegli anni per la nascita del centro-sinistra. E acquisii, come potevo, le forti critiche che venivano all'interno della sinistra democratica alla natura sociale dell'Unione Sovietica, allo stalinismo, al legame di ferro ancora forte tra il partito comunista italiano e quello sovietico. Scrissi e parlai, nei dibattiti, sui giornali e nelle riviste, da sinistra in una posizione che aveva come stella polare la democrazia e i legami con il mondo contadino meridionale e i pensatori sulla questione meridionale (da Fortunato a Salvemini fino a Gramsci,appena pubblicato) e che polemizzava con il PCI togliattiano, pur dialogando costantemente con i comunisti come Pietro Valenza e molti altri. Una volta arrivato a Torino per insegnare all'Università ho seguito sempre con attenzione i tentativi di rinnovamento della Sinistra, ho partecipato alla creazione del PDS e ho lavorato per molti anni all'interno del Partito dei Democratici di Sinistra.

Nel febbraio 2004 di fronte alla continua corsa verso il Centro di quel partito e alla rivalutazione del Craxismo compiuto dallo stesso segretario nella sua biografia mi sono dimesso pubblicamente da quel Partito e mi sono avvicinato ai Comunisti Italiani. L'Italia non é ancora un paese normale.
E' investito, al contrario, da gravi anomalie politiche e istituzionali, tra le quali spicca il gigantesco conflitto di interessi dell'attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Una seconda, spiacevole anomalia é costituita dall'inspiegabile affollamento al centro che caratterizza la strategia dei partiti di centro sinistra, in particolare di quello che era una volta il maggior partito della sinistra, i Democratici di sinistra, ormai guadagnato al progetto centrista del "triciclo". In questa situazione, dopo aver lasciato agli inizi di del 2004, i Democratici di sinistra, mi sembra necessario collaborare, con il mio impegno, alla formazione di un'area di sinistra dell'Ulivo che aggreghi forze diverse tra loro ma tutte decise a difendere il patrimonio storico della sinistra e ad elaborare un programma davvero alternativo a quello di Berlusconi e dei suoi alleati.
Penso che sia urgente lavorare a una nuova forza della sinistra che esprima, da una parte, il rispetto della memoria del movimento operaio e contadino e, dall'altra, una politica economica e sociale di tutela dei lavori e dei diritti di tutti i lavoratori, di una politica di difesa dei principi e dei valori della costituzione repubblicana. Una linea attenta ai problemi della globalizzazione e dei rapporti tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati, di apertura effettiva alla collaborazione tra partiti, movimenti e società civile. Chi scrive viene dalla tradizione giellista che ha in Carlo Rosselli il suo punto di riferimento politico. Sul piano teorico il pensatore al quale ho spesso guardato é stato Antonio Gramsci.



Chi sono

Sono stato deputato nella Quindicesima Legislatura, attivo nelle commissioni Cultura e in quella di Vigilanza. Politicamente lavoro all'interno delle forze che si oppongono al governo Berlusconi. Dal 3 dicembre 2007 sono professore emerito di Storia dell'Europa e del Giornalismo nell'Università di Torino.

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Il libro: LA COLPA - Come e perche' siamo arrivati alla notte della repubblica

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In una situazione politica di stallo in cui il berlusconismo sembra definitivamente in crisi e gli scenari futuri del Paese appaiono quantomai incerti, Nicola Tranfaglia e Anna Petrozzi propongono una riflessione dialogica sulla storia italiana dal 1943 a oggi. La loro puntuale disamina mette in luce come settori della classe dirigente italiana, degli apparati dello Stato e dell'establishment economico - spesso responsabili di stragi e delitti eccellenti - abbiano condizionato l'alternanza democratica dei governi per mantenere il più possibile inalterati gli equilibri di una società conservatrice e talvolta reazionaria. (continua)

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