Deal or Feel. Risk or Mercantilism

settembre 5th, 2011

 

(“How many rivers fit in your blue pencil? ” - da classroom: partial excercises installazione di Nicolas Paris in Illuminazioni)

Di ritorno da una visita (solo parziale, nell’area dei Giardini) alla Biennale di Venezia.  Le opere che mi hanno colpito:

 - Hajnal Németh (padiglione ungherese): una macchina incidentata in una stanza immersa nella luce rossa; dei video con due cantanti lirici che sul ponte di un’autostrada o in una fabbrica di auto o in un deposito pneumatici si esercitano sui testi di verbali immaginari dell’incidente (crollo; intervista passiva il titolo dell’opera); a conclusione del filmato, un coro di giovani canta: “Are you being born? Are you dying? Yes”; non so cosa possa significare esattamente il tutto, ma è stata un’esperienza affascinante, una specie di non-sense poetico che in qualche modo pare avvicinarsi alla verità;

- Markus Schinwald (padiglione austriaco): un labirinto bianco che incombe al contrario, dal soffitto fino a un metro da terra, nicchie e anfratti in cui sono stati nascosti/esposti piccoli ritratti ottocenteschi acquistati dall’artista per dipingere i suoi innesti stranianti sui volti, strane protesi o strumenti a coprire tratti o a bloccare le espressioni; delle gambe di sedie avvolte in lenzuola pendono dall’alto; in fondo al percorso è proiettato un film in cui, tra le altre cose, vediamo un signore ben vesito che resta bloccato con la gamba in un fessura del muro e si contorce (elegantemente però) per cercare di liberarsi; inquietante e malinconica metafora delle costrizioni che costruiamo dentro e fuori di noi;

 - Thomas Hirschhorn (padiglione svizzero): la visione più impressionante e forte, un susseguirsi di spazi creati con carta stagnola e scotch ad avvolgere e fissare bambole, telefonini, vecchi televisori, vetri rotti, riviste di gossip e/o attualità e tanto altro; poi fogli appesi in cui sono stampate immagini atroci di guerra, corpi mutilati, bimbi esplosi, impiccati ecc;  una denuncia devastante della schizofrenia del capitalismo avanzato odierno;

- David Goldblatt (Illuminazioni): documenti fotografici del Sud Africa e delle sue contraddizioni. Immagini bellissime, tese ma composte al tempo stesso; è ospitato in tre spazi creati da Monika Sosnowska in un ”parapadiglione”; a colpire sono soprattutto i ritratti di ex offenders , criminali fotografati una volta usciti di prigione nel luogo in cui avevano commesso i reati;

- Luigi Ghirri (Illuminazioni): pura poesia minima

- Maurizio Cattelan (Illuminazioni): dopo 14 anni ripropone i suoi piccioni tassidermizzati che incombono sui visitatori dai soffitti delle varie sale dell’esposizione; oggi però gli uccelli si sono moltiplicati, non sono più “i turisti” e diventano “gli altri”; geniale.

 Segnalo anche: Anetta Mona Chisa e Lucia Tkacova nel padiglione rumeno con le loro scritte murali (tra cui anche quella che dà il titolo al post), le foto di Taryn Simon nel padiglione danese (della serie an american index of the hidden and unfamiliar), i video di Sigalit Landau nel padiglione di Israele e, in Illuminazioni, la ormai coloratissima “camera dei giochi” impostata dal collettivo Norma Jeane, le sculture di Gabriel Kuri e i tre capolavori del Tintoretto.

m.

p.s.

letture consigliate: Benjamin R. Barber, Consumati – da cittadini a clienti (ed. Einaudi, con in copertina l’opera di Barbara Kruger I shop therefore I am)

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